GIACOBBE
Giacobbe (ebraico יַעֲקֹב: Yaʿaqov o Ya'ãqōb, greco antico ᾿Ιακώβ, latino Iacob, arabo يعقوب Yaʿqūb) significa "il soppiantatore". Il nome deriva da ageb ossia "tallone", "calcagno" e più specificamente "afferrare per il calcagno o soppiantare"; fu chiamato così poiché, «al momento del parto, teneva con la mano il calcagno del fratello gemello [Genesi 25, 26], nato per primo e quindi destinatario del diritto di primogenitura».
È uno dei Padri dell'Ebraismo nonché eroe eponimo del popolo di Israele: infatti venne soprannominato da JHWH stesso "Israele" in quanto "lottò col Signore e vinse", dalla radice shr, lottare, ed El, Signore. Le sue vicende sono narrate nel libro della Genesi 25, 24 - 49, 33.
Per tutte le Chiese Cristiane è il Terzo Patriarca, figlio di Isacco e nipote di Abramo, è venerato da tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi.
La sua memoria ricorre il 24 dicembre, il giorno prima del Natale di Gesù Cristo, il quale da lui discende.
Etimologia
Secondo alcuni storici, Israele significherebbe «uomo» (ish) «di Rachele» (Rahel), poiché egli era marito di Rachele. In questa concezione quindi è Rachele ad essere matriarca eponima di Israele; tuttavia la grafia in questo caso è diversa, in quanto si dovrebbe scrivere ish-rach-el invece di Ish-ra-el.
L’ebraico יִשְׂרָאֵל: Israel, secondo Gen 32,29 significa egli lotta [שׂרה] con Dio [אֵל]; ma meglio a somiglianza di altri nomi composti che hanno אֵל come soggetto: Dio lotta.
Infatti in Genesi 32,29 troviamo: « Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini, e hai vinto! »
Il nome, teoforico come altri nomi biblici (Elia, Emmanuele, ecc.), è l'unione di El (Dio) e sharach: chi combatte per il Signore (cfr. Sabaoth che significa Signore degli Eserciti).
Giacobbe era figlio di Isacco e di Rebecca, e fratello gemello di Esaù, che nacque però per primo. Esaù era il favorito di Isacco, mentre Giacobbe della madre Rebecca. Mentre Esaù divenne un cacciatore, Giacobbe mostrava un temperamento tranquillo.
Con l'inganno Giacobbe riuscì ad acquistare da Esaù affamato la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie (Gen 25,29-34); in seguito, quando Isacco era in punto di morte, approfittando della momentanea assenza del gemello, carpì la benedizione prevista per Esaù indossando una pelliccia di animale, così da poter passare per il fratello, che era molto peloso. Per sottrarsi all'ira di Esaù fuggì presso suo zio Labano.
È uno dei Padri dell'Ebraismo nonché eroe eponimo del popolo di Israele: infatti venne soprannominato da JHWH stesso "Israele" in quanto "lottò col Signore e vinse", dalla radice shr, lottare, ed El, Signore. Le sue vicende sono narrate nel libro della Genesi 25, 24 - 49, 33.
Per tutte le Chiese Cristiane è il Terzo Patriarca, figlio di Isacco e nipote di Abramo, è venerato da tutte le Chiese che ammettono il culto dei santi.
La sua memoria ricorre il 24 dicembre, il giorno prima del Natale di Gesù Cristo, il quale da lui discende.
Etimologia
Secondo alcuni storici, Israele significherebbe «uomo» (ish) «di Rachele» (Rahel), poiché egli era marito di Rachele. In questa concezione quindi è Rachele ad essere matriarca eponima di Israele; tuttavia la grafia in questo caso è diversa, in quanto si dovrebbe scrivere ish-rach-el invece di Ish-ra-el.
L’ebraico יִשְׂרָאֵל: Israel, secondo Gen 32,29 significa egli lotta [שׂרה] con Dio [אֵל]; ma meglio a somiglianza di altri nomi composti che hanno אֵל come soggetto: Dio lotta.
Infatti in Genesi 32,29 troviamo: « Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini, e hai vinto! »
Il nome, teoforico come altri nomi biblici (Elia, Emmanuele, ecc.), è l'unione di El (Dio) e sharach: chi combatte per il Signore (cfr. Sabaoth che significa Signore degli Eserciti).
Giacobbe era figlio di Isacco e di Rebecca, e fratello gemello di Esaù, che nacque però per primo. Esaù era il favorito di Isacco, mentre Giacobbe della madre Rebecca. Mentre Esaù divenne un cacciatore, Giacobbe mostrava un temperamento tranquillo.
Con l'inganno Giacobbe riuscì ad acquistare da Esaù affamato la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie (Gen 25,29-34); in seguito, quando Isacco era in punto di morte, approfittando della momentanea assenza del gemello, carpì la benedizione prevista per Esaù indossando una pelliccia di animale, così da poter passare per il fratello, che era molto peloso. Per sottrarsi all'ira di Esaù fuggì presso suo zio Labano.
Il sogno della scala di Giacobbe
Una notte, durante il viaggio, Giacobbe fece un sogno: una scala da terra si protendeva sino in cielo, con angeli che salivano e scendevano. Nel sogno Dio gli parlava, promettendogli la terra sulla quale era coricato ed un'immensa discendenza. Giacobbe chiamò il luogo dove era accampato Betel. Giunto da Labano si innamorò di sua figlia Rachele. Per concederla in matrimonio a Giacobbe, Labano gli impose di servirlo per sette anni.
Betel in lingua ebraica significa la "Casa del Padre" (Bet-El), ed ha un significato simile a quello di Babele ("Porta di Dio", Bab-El).
Al termine dei sette anni, Labano però pretese di dargli in sposa la maggiore, Lia, secondo il costume locale, e per avere anche Rachele dovette servire Labano per altri sette anni. Infine Giacobbe riuscì ad avere Rachele, e dalle due mogli e dalle ancelle ebbe complessivamente dodici figli, dalla cui discendenza avranno origine le dodici tribù di Israele. Nei secondi sette anni di pastorizia per Labano, Giacobbe adottò principi di genetica per distinguere i suoi armenti, attraverso la differenza nella pezzatura dei velli appositamente selezionata e per mezzo della scelta dei capi costituzionalmente più robusti e prolifici (Gen 30,31-42).
Intanto erano diventati difficili i rapporti con Labano e, attraverso una serie di raggiri, Giacobbe riuscì a partire ma Rachele prese di nascosto di tutti le divinità (statuette degli idoli) pregate dal padre per la protezione. Labano li inseguì ma non trovò le statuette nascoste da Rachele.
Durante il cammino Giacobbe ebbe una visione divina che lo confortò. Nelle vicinanze di Seir, nei dintorni del campo del fratello Esaù, Giacobbe inviò un messaggero per la pace e sperando nel suo perdono. Giacobbe passò la notte sullo Iabbok, un affluente del Giordano. Qui avvenne la lotta con l’angelo di Dio e Giacobbe acquistò il nuovo nome di Israele.
I due fratelli si riconciliarono.
Qui avvenne poi la vicissitudine del rapimento di Dina da parte dei Sichemiti. In sostanza, con altri inganni i fratelli di Dina, dopo la finta alleanza suggellata con la circoncisione dei Sichemiti, approfittarono della debolezza fisica dei maschi dovuta alla circoncisione stessa, uccidendoli e saccheggiando ogni bene. Giacobbe condannò tale azione per le eventuali ritorsioni dei superstiti e dei popoli vicini. Nel cammino Rachele rimase incinta una seconda volta e mise alla luce Beniamino ma subito dopo morì.
Giacobbe riuscì a essere a Hebron accanto al padre proprio al momento della sua morte insieme con il fratello Esaù. Da questo momento in poi, Giacobbe si stanzia in questo luogo e la storia di Israele continua con i suoi figli e, in particolare, con Giuseppe, il figlio più amato che, venduto dai fratelli, riabbraccerà in Egitto come vicegovernatore.
Con la visione della scala di Giacobbe si sottolinea la cura continua di Dio nei suoi confronti, e nello stesso tempo dimostra la mistica unione della terra con il cielo (la mistica posteriore ha visto nella scala una preghiera di contemplazione che eleva l'anima fino a Dio).
La lotta con l'angelo (teomachia)
La notte prima dell'incontro ebbe una misteriosa lotta ("teomachia") con un uomo fino all'alba (Gen 32,24-34). Vedendo che non riusciva a vincerlo, l'uomo lo colpì al nervo sciatico rendendolo claudicante, ma Giacobbe continuò a lottare, finché l'uomo gli chiese di lasciarlo andare. A quel punto Giacobbe gli chiese la benedizione, e l'uomo gli mutò nome in Israele (che in ebraico significa uomo che vide Dio o uomo che lotta con Dio)[1]. Da questo episodio nasce il divieto, previsto dalle norme di casherut, di cibarsi di carne (ovviamente di animali permessi) da tagli attraversati dal nervo sciatico.
Giacobbe e il figlio Giuseppe
La storia di Giacobbe si intreccia con quella del figlio prediletto Giuseppe. Quando questi, dopo essere stato venduto dai fratelli e creduto morto dal padre, divenne ministro del faraone e negli anni delle vacche magre fece trasferire le Tribù di Israele e Giacobbe stesso in Egitto per sfuggire alla carestia. Giacobbe infine prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentari, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa cattolica il giorno 24 dicembre.
Significato del nome
Il nome "Giacobbe" significa "il soppiantatore".[Vedi in fondo] Il nome deriva da ageb ossia "tallone", "calcagno" e più specificamente "afferrare per il calcagno o soppiantare"; fu chiamato così poiché, «al momento del parto, teneva con la mano il calcagno di Esaù, fratello gemello (Gen 25,26), nato per primo e quindi destinatario del diritto di primogenitura.»[2]
Genealogia di Giacobbe
Giacobbe è riportato in entrambe le genealogie di Gesù presenti nei vangeli di Matteo e Luca, dove risulta essere nipote di Abramo e figlio di Isacco, padre di Giuda e nonno di Fares.
Alcuni passi biblici divergono in merito al numero di figli che avrebbe avuto Giacobbe:
(Gen 46,26-27): Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta.
Esodo (Es 1,5): Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto.
Atti (At 7,14): Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, settantacinque persone in tutto.
Giacobbe infine prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentari, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa cattolica il giorno 24 dicembre.
La morte di Giacobbe
Prima di morire, Giacobbe in una solenne riunione attorno al suo letto, pronunciò le benedizioni sui suoi dodici figli, benedicendoli uno ad uno con benedizioni particolari e in estensione ai dodici popoli d’Israele, che da loro sarebbero derivati (Gen 49,1-33; 50,1-6). Ricordiamo i loro nomi: Ruben, Levi, Simeone, Giuda, Issacar, Zabulon, dalla moglie Lia; Giuseppe e Beniamino dalla moglie Rachele; Dan e Neftali dalla schiava Bila; Gad ed Aser dalla schiava Zilpa; inoltre Dina anch’essa figlia di Lia.
Il patriarca fu pieno della persuasione di vivere alla presenza di un Dio, che l’aveva scelto per realizzare le promesse fatte ad Abramo ed Isacco.
Non vacillò nella sua fede verso questo Dio, neanche nei momenti più tragici della sua vita, che fu molto infelice e in definitiva più breve nei confronti degli altri patriarchi.
Le numerose rivelazioni divine testimoniano dell’intensità della sua unione mistica con Dio.
La Sepoltura di giacobbe
Simili divergenze si trovano in merito al luogo della sepoltura di Giuseppe:
(Gen 50,13): I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l'Hittita, e che si trova di fronte a Mamre.
(At 7,15-16): E Giacobbe si recò in Egitto, e qui egli morì come anche i nostri padri; essi furono poi trasportati in Sichem e posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di Emor, a Sichem.
Il Dio di Giacobbe
Il semplice confronto di alcuni passi nello stesso Libro della Genesi riferisce la promessa di Dio ad Abramo per una discendenza numerosa (Gen 13,16, 15,5, 17,5, 22,17) quanto le stelle del cielo, la benedizione rinnovata ad Isacco nel nome di Abramo per tutte le nazioni della terra (Genesi 26,4-24), e poi a Giacobbe (Genesi 35,12) con il rinnovo della promessa della stirpe della terra data ai suoi padri.
I biblisti e gli ebraisti riportano almeno un paio di specifici motivi per pensare alla figura di Giacobbe e al suo rapporto col divino come emblema d'una tipologia spirituale del tutto particolare, all'interno d'una tripartizione che chiama in causa anche i primi due patriarchi ebrei.
« Un allievo chiese al Maestro: "Perché è detto Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Es 3,6)[* Vedi nota in fondo alla pagina] e non il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe?" E il Maestro rispose: "Perché Isacco e Giacobbe non si appoggiarono sulla ricerca e il servizio di Abramo, ma ricercarono da sé l'unità del Creatore e servirono Dio in modo diverso da Abramo". Ecco la via dell'individuazione. »
(Roberto Della Rocca, Identità e alterità nel pensiero ebraico, in “In principio Dio creò”, in Humanitas 53 (4/1998), p. 653)
« Nella tradizione ebraica, le tre preghiere [quotidiane] vengono assegnate ciascuna ad uno dei tre Patriarchi. La preghiera della sera ('aravît) si considera istituita da Giacobbe, [...] perché si dice: Si incontrò con il Luogo e vi passò la notte, poiché il sole era tramontato (Gen 28,11). »
(Alberto Mello, Abramo, l'uomo del mattino, in Il tempo, PSV-parole spirito e vita 36 (2/1997), p. 37)
Esegesi ebraica
Lo stesso argomento in dettaglio: Messia, Parashah, Popolo d'Israele, Redenzione (ebraismo), Shekhinah, Yosef e Zaddiq
Secondo l'esegesi ebraica della Torah, Giacobbe fu il solo tra i Patriarchi ebrei ad avere tutti figli ebrei e Zaddiqim.
« Una corda tripla non si taglia con facilità » (Qoelet 4,9-12)
Giacobbe riuscì a essere a Hebron accanto al padre proprio al momento della sua morte insieme con il fratello Esaù. Da questo momento in poi, Giacobbe si stanzia in questo luogo e la storia di Israele continua con i suoi figli e, in particolare, con Giuseppe, il figlio più amato che, venduto dai fratelli, riabbraccerà in Egitto come vicegovernatore.
Con la visione della scala di Giacobbe si sottolinea la cura continua di Dio nei suoi confronti, e nello stesso tempo dimostra la mistica unione della terra con il cielo (la mistica posteriore ha visto nella scala una preghiera di contemplazione che eleva l'anima fino a Dio).
La lotta con l'angelo (teomachia)
La notte prima dell'incontro ebbe una misteriosa lotta ("teomachia") con un uomo fino all'alba (Gen 32,24-34). Vedendo che non riusciva a vincerlo, l'uomo lo colpì al nervo sciatico rendendolo claudicante, ma Giacobbe continuò a lottare, finché l'uomo gli chiese di lasciarlo andare. A quel punto Giacobbe gli chiese la benedizione, e l'uomo gli mutò nome in Israele (che in ebraico significa uomo che vide Dio o uomo che lotta con Dio)[1]. Da questo episodio nasce il divieto, previsto dalle norme di casherut, di cibarsi di carne (ovviamente di animali permessi) da tagli attraversati dal nervo sciatico.
Giacobbe e il figlio Giuseppe
La storia di Giacobbe si intreccia con quella del figlio prediletto Giuseppe. Quando questi, dopo essere stato venduto dai fratelli e creduto morto dal padre, divenne ministro del faraone e negli anni delle vacche magre fece trasferire le Tribù di Israele e Giacobbe stesso in Egitto per sfuggire alla carestia. Giacobbe infine prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentari, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa cattolica il giorno 24 dicembre.
Significato del nome
Il nome "Giacobbe" significa "il soppiantatore".[Vedi in fondo] Il nome deriva da ageb ossia "tallone", "calcagno" e più specificamente "afferrare per il calcagno o soppiantare"; fu chiamato così poiché, «al momento del parto, teneva con la mano il calcagno di Esaù, fratello gemello (Gen 25,26), nato per primo e quindi destinatario del diritto di primogenitura.»[2]
Genealogia di Giacobbe
Giacobbe è riportato in entrambe le genealogie di Gesù presenti nei vangeli di Matteo e Luca, dove risulta essere nipote di Abramo e figlio di Isacco, padre di Giuda e nonno di Fares.
Alcuni passi biblici divergono in merito al numero di figli che avrebbe avuto Giacobbe:
(Gen 46,26-27): Tutte le persone che entrarono con Giacobbe in Egitto, uscite dai suoi fianchi, senza le mogli dei figli di Giacobbe, sono sessantasei. I figli che nacquero a Giuseppe in Egitto sono due persone. Tutte le persone della famiglia di Giacobbe, che entrarono in Egitto, sono settanta.
Esodo (Es 1,5): Tutte le persone nate da Giacobbe erano settanta, Giuseppe si trovava già in Egitto.
Atti (At 7,14): Giuseppe allora mandò a chiamare Giacobbe suo padre e tutta la sua parentela, settantacinque persone in tutto.
Giacobbe infine prima di morire benedisse i vari figli con benedizioni particolari e fu seppellito con gli altri patriarchi Abramo e Isacco nel campo di Macpela
Come tutti i padri veterotestamentari, Giacobbe è venerato come santo dalla Chiesa cattolica il giorno 24 dicembre.
La morte di Giacobbe
Prima di morire, Giacobbe in una solenne riunione attorno al suo letto, pronunciò le benedizioni sui suoi dodici figli, benedicendoli uno ad uno con benedizioni particolari e in estensione ai dodici popoli d’Israele, che da loro sarebbero derivati (Gen 49,1-33; 50,1-6). Ricordiamo i loro nomi: Ruben, Levi, Simeone, Giuda, Issacar, Zabulon, dalla moglie Lia; Giuseppe e Beniamino dalla moglie Rachele; Dan e Neftali dalla schiava Bila; Gad ed Aser dalla schiava Zilpa; inoltre Dina anch’essa figlia di Lia.
Il patriarca fu pieno della persuasione di vivere alla presenza di un Dio, che l’aveva scelto per realizzare le promesse fatte ad Abramo ed Isacco.
Non vacillò nella sua fede verso questo Dio, neanche nei momenti più tragici della sua vita, che fu molto infelice e in definitiva più breve nei confronti degli altri patriarchi.
Le numerose rivelazioni divine testimoniano dell’intensità della sua unione mistica con Dio.
La Sepoltura di giacobbe
Simili divergenze si trovano in merito al luogo della sepoltura di Giuseppe:
(Gen 50,13): I suoi figli lo portarono nel paese di Canaan e lo seppellirono nella caverna del campo di Macpela, quel campo che Abramo aveva acquistato, come proprietà sepolcrale, da Efron l'Hittita, e che si trova di fronte a Mamre.
(At 7,15-16): E Giacobbe si recò in Egitto, e qui egli morì come anche i nostri padri; essi furono poi trasportati in Sichem e posti nel sepolcro che Abramo aveva acquistato e pagato in denaro dai figli di Emor, a Sichem.
Il Dio di Giacobbe
Il semplice confronto di alcuni passi nello stesso Libro della Genesi riferisce la promessa di Dio ad Abramo per una discendenza numerosa (Gen 13,16, 15,5, 17,5, 22,17) quanto le stelle del cielo, la benedizione rinnovata ad Isacco nel nome di Abramo per tutte le nazioni della terra (Genesi 26,4-24), e poi a Giacobbe (Genesi 35,12) con il rinnovo della promessa della stirpe della terra data ai suoi padri.
I biblisti e gli ebraisti riportano almeno un paio di specifici motivi per pensare alla figura di Giacobbe e al suo rapporto col divino come emblema d'una tipologia spirituale del tutto particolare, all'interno d'una tripartizione che chiama in causa anche i primi due patriarchi ebrei.
« Un allievo chiese al Maestro: "Perché è detto Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe (Es 3,6)[* Vedi nota in fondo alla pagina] e non il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe?" E il Maestro rispose: "Perché Isacco e Giacobbe non si appoggiarono sulla ricerca e il servizio di Abramo, ma ricercarono da sé l'unità del Creatore e servirono Dio in modo diverso da Abramo". Ecco la via dell'individuazione. »
(Roberto Della Rocca, Identità e alterità nel pensiero ebraico, in “In principio Dio creò”, in Humanitas 53 (4/1998), p. 653)
« Nella tradizione ebraica, le tre preghiere [quotidiane] vengono assegnate ciascuna ad uno dei tre Patriarchi. La preghiera della sera ('aravît) si considera istituita da Giacobbe, [...] perché si dice: Si incontrò con il Luogo e vi passò la notte, poiché il sole era tramontato (Gen 28,11). »
(Alberto Mello, Abramo, l'uomo del mattino, in Il tempo, PSV-parole spirito e vita 36 (2/1997), p. 37)
Esegesi ebraica
Lo stesso argomento in dettaglio: Messia, Parashah, Popolo d'Israele, Redenzione (ebraismo), Shekhinah, Yosef e Zaddiq
Secondo l'esegesi ebraica della Torah, Giacobbe fu il solo tra i Patriarchi ebrei ad avere tutti figli ebrei e Zaddiqim.
« Una corda tripla non si taglia con facilità » (Qoelet 4,9-12)
La Qabbalah afferma che rappresenta la Sefirah Tiferet e portò redenzione ad Avraham ed Isacco.
Giacobbe ebbe anche nome Israel (cfr Angelo) e Yeshurun (cfr Urim e Tummim), quest'ultimo "nome" correlato alla "gioia provata" da Dio per lui, terzo Patriarca ebreo.
Esiste uno tra i Nomi di Dio nella Bibbia così definito: "Rocca" di Giacobbe.
A Giacobbe viene attribuito il merito della Tefillah di Arvit (cfr Preghiera ebraica).
Viene insegnato dai Profeti ebrei e dai Rabbanim che nell'era messianica si dice: "Giacobbe, [è] nostro padre".
Giacobbe ebbe 50 anni quando Sem morì.
A Giacobbe viene anche attribuita la Mitzvah della -Kippah da quando, sul monte Moryah in Sion (cfr Gerusalemme), mise sotto la sua testa delle pietre che per miracolo [ne] divennero una sola; in quel momento egli vide in sogno angeli che salivano e scendevano da una "scala" quando poi Dio gli "parlò" cosicché esclamò: "Questa è proprio la Porta del Cielo... ed io non lo sapevo" (secondo diverse opinioni dell'Ebraismo rabbinico, quegli angeli furono gli stessi delle 70 Nazioni).
Egli aveva in segreto con la sposa Rachele una "parola" che lei stessa poi rivelò alla sorella Leah (cfr Matrimonio (religione)).
Giacobbe perse Ruach haQodesh e quindi parte di Profezia, sconfortato per l'episodio di Yosef, di cui non seppe sino a molti anni dopo: i due infatti si rincontrarono con molti onori, anche grazie ai fratelli ormai perdonati (Parashah e Provvidenza).
Giacobbe, come già gli altri Patriarchi ebrei consapevole di questo, voleva rivelare ai propri figli quanto per Profezia celato per l'era messianica.
Giacobbe ebbe anche nome Israel (cfr Angelo) e Yeshurun (cfr Urim e Tummim), quest'ultimo "nome" correlato alla "gioia provata" da Dio per lui, terzo Patriarca ebreo.
Esiste uno tra i Nomi di Dio nella Bibbia così definito: "Rocca" di Giacobbe.
A Giacobbe viene attribuito il merito della Tefillah di Arvit (cfr Preghiera ebraica).
Viene insegnato dai Profeti ebrei e dai Rabbanim che nell'era messianica si dice: "Giacobbe, [è] nostro padre".
Giacobbe ebbe 50 anni quando Sem morì.
A Giacobbe viene anche attribuita la Mitzvah della -Kippah da quando, sul monte Moryah in Sion (cfr Gerusalemme), mise sotto la sua testa delle pietre che per miracolo [ne] divennero una sola; in quel momento egli vide in sogno angeli che salivano e scendevano da una "scala" quando poi Dio gli "parlò" cosicché esclamò: "Questa è proprio la Porta del Cielo... ed io non lo sapevo" (secondo diverse opinioni dell'Ebraismo rabbinico, quegli angeli furono gli stessi delle 70 Nazioni).
Egli aveva in segreto con la sposa Rachele una "parola" che lei stessa poi rivelò alla sorella Leah (cfr Matrimonio (religione)).
Giacobbe perse Ruach haQodesh e quindi parte di Profezia, sconfortato per l'episodio di Yosef, di cui non seppe sino a molti anni dopo: i due infatti si rincontrarono con molti onori, anche grazie ai fratelli ormai perdonati (Parashah e Provvidenza).
Giacobbe, come già gli altri Patriarchi ebrei consapevole di questo, voleva rivelare ai propri figli quanto per Profezia celato per l'era messianica.
Appendice:
Le 12 Tribù d'Israele discendono dal patriarca Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo, a cui fu dato il nome di Israele e che diede il suo nome alla nazione che da lui ebbe origine.
I 12 Figli di Giacobbe (in ordine di nascita), Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Dan, Neftali, Gad, Aser, Issacar, Zabulun, Giuseppe e Beniamino, divennero i Patriarchi delle 12 Tribu` d'Israele, eccetto Giuseppe, i cui due figli Manasse ed Efraim, che furono adottati da Giacobbe, divennero i Patriarchi di due tribu` (Genesi 48).
Le madri dei 12 Figli di Giacobbe (Genesi 35,22-26) sono:
Le 12 Tribù d'Israele discendono dal patriarca Giacobbe, figlio di Isacco e nipote di Abramo, a cui fu dato il nome di Israele e che diede il suo nome alla nazione che da lui ebbe origine.
I 12 Figli di Giacobbe (in ordine di nascita), Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Dan, Neftali, Gad, Aser, Issacar, Zabulun, Giuseppe e Beniamino, divennero i Patriarchi delle 12 Tribu` d'Israele, eccetto Giuseppe, i cui due figli Manasse ed Efraim, che furono adottati da Giacobbe, divennero i Patriarchi di due tribu` (Genesi 48).
Le madri dei 12 Figli di Giacobbe (Genesi 35,22-26) sono:
- Lia, madre di: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulun
- Rachele, madre di: Giuseppe, Beniamino
- Zilpa (serva di Lia), madre di: Gad, Aser
- Bila (serva di Rachele), madre di: Dan, Neftali
La rinuncia alla primogenitura da parte di Esaù
(ebraico Yaʽqób, il soppiantatore). Patriarca d'Israele, figlio di Isacco e di Rebecca; riuscì a ottenere dal suo fratello gemello Esaù la rinuncia alla primogenitura; poi, favorito dalla madre, carpì al padre con un inganno la benedizione che spettava al fratello (Genesi 25-27). Costretto a fuggire per evitare la vendetta del fratello, si recò in Mesopotamia e durante il viaggio ebbe a Betel la rivelazione divina (Genesi 28, 10-22). In Mesopotamia lavorò per il parente Labano e ne sposò le figlie: prima Lia, poi Rachele, ma con l'astuzia e l'inganno riuscì ad aumentare il proprio bestiame ai danni dei cognati. Scoperto, fuggì nuovamente, tornando in Palestina, dove si riconciliò con Esaù (Genesi 29-33). Ebbe 12 figli, considerati eroi eponimi delle 12 tribù d'Israele: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar, Zabulon, Giuseppe, Beniamino, Gad, Asher, Dan, Neftali, gli ultimi quattro da concubine, ancelle di Lia e Rachele. In età avanzata seguì Giuseppe in Egitto, dove morì. Su questi dati tradizionali, la critica esegetica ha notato una differenza tra i vari cicli che ci presentano il patriarca: i cicli di Esaù e di Labano lo presentano astuto; altre volte appare come un valoroso. Lotta con Dio (Genesi 32), ricevendo il nome di Israele. Poiché la discendenza di un popolo da un eroe eponimo viene respinta dall'etnologia moderna, è difficile parlare d'una storicità in senso stretto del personaggio, il che non esclude peraltro una sua esistenza leggendaria.
NOTE:
*: Cfr. anche Es 3,15; 4,5; Mt 22,32; Mc 12,26; Lc 20,37; At 7,32; At 3,13.
vedi anche :
www.lasacrafamiglia.it/giacobbe-il-grande-patriarca/
www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-perdono-benedetta-lotta
Il testo di questa pagina è stato tratto dai siti: Cathopedia, Wikipedia, Santi e Beati, Sacra Famiglia, con aggiunte e chiarimenti personali