GIUSEPPE
Da Wikipedia
Giuseppe (in ebraico יוֹסֵף, Yohsèf, forma abbreviata di Yohsifyàh che significa "Yahvè aggiunga") è un patriarca dell'Antico Testamento, il penultimo dei dodici figli di Giacobbe ed il primo dei due figli (con Beniamino) della moglie Rachele. Egli è il padre di Efraim e Manasse dai quali discendono le due omonime tribù.
La storia di Giuseppe occupa l'ultima parte del libro della Genesi, dal capitolo 37 al capitolo 50.
Giuseppe è il figlio prediletto di Giacobbe, che gli riserbò una vita lontano dal lavoro nei campi e dedita all'istruzione. Dio lo aveva dotato del potere di interpretare i sogni; uno di questi riguardava i suoi fratelli maggiori prostrarsi davanti a lui come covoni di grano. I dieci fratelli maggiori, gelosi di Giuseppe a causa della predilezione del padre, decidono di gettarlo vivo in una cisterna vuota e di venderlo poi come schiavo per 20 scicli d'argento a dei mercanti che, giunti in Egitto, a loro volta lo vendono a Potifarre, il capo delle guardie del Faraone. I fratelli fecero credere al padre e a Rachele che Giuseppe era stato ucciso dai lupi.
In Egitto, Giuseppe spicca nel suo servizio e acquista la fiducia del Potifarre, che gli affida il governo sulla sua casa. Accade però che la moglie di Potifarre, invaghitasi di Giuseppe, lo invita a tradire il marito. Dinanzi al rifiuto perentorio di Giuseppe, la donna non esita a denunciarlo ingiustamente presso il marito e Giuseppe viene imprigionato. In prigione, interpreta i sogni del coppiere e del panettiere del Faraone, preannunciando al primo la liberazione e il ritorno alla corte e al secondo la condanna a morte.
Dopo due anni, Il Faraone, tormentato da un sogno ricorrente a cui nessuno dei suoi indovini riusciva a dare una spiegazione, su suggerimento del coppiere, fa liberare Giuseppe affinché dia la sua interpretazione. Il sogno riguardava sette mucche grasse divorate da sette mucche magre e sette spighe rigonfie di chicchi mangiate da sette spighe arse e rinsecchite. Interpretando il sogno con l'aiuto di Dio, Giuseppe predice al Faraone sette anni di grande abbondanza per l'Egitto, cui faranno seguito sette anni di carestia e suggerisce al Faraone di fare riserva di un quinto del grano durante il periodo dell'abbondanza, per poi utilizzarlo nel tempo della carestia.
Il Faraone, colpito dall'intelligenza e dall'abilità di Giuseppe, ripone in lui la sua fiducia e lo nomina vice-Re d'Egitto,secondo solo al Faraone, perché realizzi quanto aveva suggerito. Giuseppe, nel frattempo, sposa la figlia di Potifar, dalla quale nascono i figli Efraim e Manasse.
Durante i sette anni di carestia, i fratelli di Giuseppe, che vivevano ancora a Canaan insieme al padre Giacobbe, per ordine di quest'ultimo, si recano in Egitto per acquistare del grano e si inginocchiano come servi davanti a lui, senza riconoscerlo. Giuseppe si fa raccontare dai fratelli chi siano e quale sia la loro storia. A questo punto, Giuseppe mette alla prova i fratelli: dopo averli accusati di essere spie, fa arrestare uno di essi e manda i restanti a prendere Beniamino, volendolo incontrare. La pena per l'eventuale mancato incontro sarebbe stato l'arresto definitivo del fratello e la mancata consegna del grano. Ritornati a Canaan, i fratelli riferiscono al padre quanto ordinato dal vice-re. Giacobbe nel timore di perdere un altro figlio, si rifiuta di inviare Beniamino in Egitto ma a causa della carestia opprimente, decide infine di mandarlo. Giuseppe quindi incontra Beniamino. Fa mettere di nascosto la sua coppa d'argento nel sacco di grano di Beniamino e fa nuovamente arrestare i fratelli. Giuda allora implora Giuseppe di risparmiarlo per non causare altro dolore al padre, offrendosi lui come schiavo al posto di Beniamino. A queste parole, Giuseppe scoppia in pianto, si fa riconoscere e decide di non vendicarsi del male ricevuto dai fratelli, perdonandoli. Essendo al secondo anno di carestia, Giuseppe invia allora i fratelli dal padre per riferirgli di essere vivo, di avere potere sull'Egitto e di stabilirsi insieme a tutta la tribù in Egitto. Giuseppe quindi si ricongiunge col padre e lo fa stabilire in Egitto sotto il benestare del Faraone, che dispone di allocare gli israeliti presso la terra di Gosen. La carestia intanto si è inasprita e gli egiziani chiedono a Giuseppe il pane; quest'ultimo glielo concede in cambio del loro bestiame e dei loro terreni affinché diventino di proprietà del Faraone. Trascorsi diciassette anni, Giacobbe muore dopo aver benedetto i suoi figli e i figli di Giuseppe e fatto giurare a quest'ultimo di seppellirlo a Canaan insieme ai suoi padri. Giuseppe quindi ottiene dal Faraone il permesso di andare a seppellire il padre insieme a tutte le tribù, lasciando in Egitto i figli e il bestiame. Dopo la sepoltura, essi tornano in Egitto.
Giuseppe muore all'età di 110 anni. Prima di morire, predice agli Israeliti che Dio li avrebbe condotti nella terra promessa e li fa giurare di portare le sue spoglie con sé e di seppellirle nella terra di Canaan. Ciò avverrà in seguito all'esodo, quando gli ebrei guidati da Mosè porteranno con sé anche le spoglie del patriarca e le seppelliranno presso Sichem.
Giuseppe nella Torah orale
Giuseppe (in ebraico יוֹסֵף, Yohsèf, forma abbreviata di Yohsifyàh che significa "Yahvè aggiunga") è un patriarca dell'Antico Testamento, il penultimo dei dodici figli di Giacobbe ed il primo dei due figli (con Beniamino) della moglie Rachele. Egli è il padre di Efraim e Manasse dai quali discendono le due omonime tribù.
La storia di Giuseppe occupa l'ultima parte del libro della Genesi, dal capitolo 37 al capitolo 50.
Giuseppe è il figlio prediletto di Giacobbe, che gli riserbò una vita lontano dal lavoro nei campi e dedita all'istruzione. Dio lo aveva dotato del potere di interpretare i sogni; uno di questi riguardava i suoi fratelli maggiori prostrarsi davanti a lui come covoni di grano. I dieci fratelli maggiori, gelosi di Giuseppe a causa della predilezione del padre, decidono di gettarlo vivo in una cisterna vuota e di venderlo poi come schiavo per 20 scicli d'argento a dei mercanti che, giunti in Egitto, a loro volta lo vendono a Potifarre, il capo delle guardie del Faraone. I fratelli fecero credere al padre e a Rachele che Giuseppe era stato ucciso dai lupi.
In Egitto, Giuseppe spicca nel suo servizio e acquista la fiducia del Potifarre, che gli affida il governo sulla sua casa. Accade però che la moglie di Potifarre, invaghitasi di Giuseppe, lo invita a tradire il marito. Dinanzi al rifiuto perentorio di Giuseppe, la donna non esita a denunciarlo ingiustamente presso il marito e Giuseppe viene imprigionato. In prigione, interpreta i sogni del coppiere e del panettiere del Faraone, preannunciando al primo la liberazione e il ritorno alla corte e al secondo la condanna a morte.
Dopo due anni, Il Faraone, tormentato da un sogno ricorrente a cui nessuno dei suoi indovini riusciva a dare una spiegazione, su suggerimento del coppiere, fa liberare Giuseppe affinché dia la sua interpretazione. Il sogno riguardava sette mucche grasse divorate da sette mucche magre e sette spighe rigonfie di chicchi mangiate da sette spighe arse e rinsecchite. Interpretando il sogno con l'aiuto di Dio, Giuseppe predice al Faraone sette anni di grande abbondanza per l'Egitto, cui faranno seguito sette anni di carestia e suggerisce al Faraone di fare riserva di un quinto del grano durante il periodo dell'abbondanza, per poi utilizzarlo nel tempo della carestia.
Il Faraone, colpito dall'intelligenza e dall'abilità di Giuseppe, ripone in lui la sua fiducia e lo nomina vice-Re d'Egitto,secondo solo al Faraone, perché realizzi quanto aveva suggerito. Giuseppe, nel frattempo, sposa la figlia di Potifar, dalla quale nascono i figli Efraim e Manasse.
Durante i sette anni di carestia, i fratelli di Giuseppe, che vivevano ancora a Canaan insieme al padre Giacobbe, per ordine di quest'ultimo, si recano in Egitto per acquistare del grano e si inginocchiano come servi davanti a lui, senza riconoscerlo. Giuseppe si fa raccontare dai fratelli chi siano e quale sia la loro storia. A questo punto, Giuseppe mette alla prova i fratelli: dopo averli accusati di essere spie, fa arrestare uno di essi e manda i restanti a prendere Beniamino, volendolo incontrare. La pena per l'eventuale mancato incontro sarebbe stato l'arresto definitivo del fratello e la mancata consegna del grano. Ritornati a Canaan, i fratelli riferiscono al padre quanto ordinato dal vice-re. Giacobbe nel timore di perdere un altro figlio, si rifiuta di inviare Beniamino in Egitto ma a causa della carestia opprimente, decide infine di mandarlo. Giuseppe quindi incontra Beniamino. Fa mettere di nascosto la sua coppa d'argento nel sacco di grano di Beniamino e fa nuovamente arrestare i fratelli. Giuda allora implora Giuseppe di risparmiarlo per non causare altro dolore al padre, offrendosi lui come schiavo al posto di Beniamino. A queste parole, Giuseppe scoppia in pianto, si fa riconoscere e decide di non vendicarsi del male ricevuto dai fratelli, perdonandoli. Essendo al secondo anno di carestia, Giuseppe invia allora i fratelli dal padre per riferirgli di essere vivo, di avere potere sull'Egitto e di stabilirsi insieme a tutta la tribù in Egitto. Giuseppe quindi si ricongiunge col padre e lo fa stabilire in Egitto sotto il benestare del Faraone, che dispone di allocare gli israeliti presso la terra di Gosen. La carestia intanto si è inasprita e gli egiziani chiedono a Giuseppe il pane; quest'ultimo glielo concede in cambio del loro bestiame e dei loro terreni affinché diventino di proprietà del Faraone. Trascorsi diciassette anni, Giacobbe muore dopo aver benedetto i suoi figli e i figli di Giuseppe e fatto giurare a quest'ultimo di seppellirlo a Canaan insieme ai suoi padri. Giuseppe quindi ottiene dal Faraone il permesso di andare a seppellire il padre insieme a tutte le tribù, lasciando in Egitto i figli e il bestiame. Dopo la sepoltura, essi tornano in Egitto.
Giuseppe muore all'età di 110 anni. Prima di morire, predice agli Israeliti che Dio li avrebbe condotti nella terra promessa e li fa giurare di portare le sue spoglie con sé e di seppellirle nella terra di Canaan. Ciò avverrà in seguito all'esodo, quando gli ebrei guidati da Mosè porteranno con sé anche le spoglie del patriarca e le seppelliranno presso Sichem.
Giuseppe nella Torah orale
Giuseppe e Gesù, due vite viste in parallelo
Guardando ai racconti su Gesù e Giuseppe possiamo notare come ci siano diversi paralleli o similitudini negli avvenimenti che accompagnano i due personaggi. Vediamoli insieme:
Innanzitutto possiamo vedere come entrambi siano stati oggetto di un particolare amore paterno. Gesù e Giuseppe furono odiati dai propri fratelli, Giuseppe da quelli carnali e Gesù dal suo popolo (Gv 1, 11) oltre che dai propri parenti, i quali lo avevano cercato pensando che fosse fuori di sé (Gv 7, 5; Mc 3, 20-35). Ugualmente Gesù e Giuseppe obbedendo al padre vanno in cerca dei fratelli per accertarsi di come stavano (Gen 37, 13-14; Fil 2, 5-8).
Entrambi dopo essere stati inviati dal padre furono oggetto di violenza e rifiuto da parte dei fratelli, Uno messo a morte e l’altro risparmiato per essere venduto come schiavo ed entrambi venduti per il prezzo di uno schiavo, 30 denari d’argento per Gesù e 20 sicli d’argento per Giuseppe. Così, come fecero i fratelli che vendettero Giuseppe ai mercanti madianiti, allo stesso modo si comportarono i giudei consegnando Gesù all'autorità romana affinché fosse messo a morte (Gv 18, 35).
Essendo passati entrambi attraverso la sofferenza, furono preparati e mandati avanti per salvare i fratelli dalla morte, Giuseppe salvò i propri fratelli dalla fame sopraggiunta a causa della carestia, essendo diventato per volere divino viceré d’Egitto e amministratore annonario per conto del faraone.
Gesù invece con la sua morte e resurrezione salvò quelli del suo popolo, dando a Israele la possibilità di conversione e perdono dei peccati (At 5, 31), questo non solo per Israele, ma anche per tutti coloro che crederanno in Lui (Gv 3, 15-18; At 10, 43; 13, 39; Rm 1, 16; 10, 4).
Tutto questo è possibile poiché Gesù, avendo offerto sé stesso come sacrificio per i nostri peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio (Eb 10,12) e con il dono dell’Eucaristia ci ha procurato il nutrimento che alimenta la nostra anima donandogli la vita eterna (Gv 6, 47-58; 1Cor 1, 18).
Guardando ai racconti su Gesù e Giuseppe possiamo notare come ci siano diversi paralleli o similitudini negli avvenimenti che accompagnano i due personaggi. Vediamoli insieme:
Innanzitutto possiamo vedere come entrambi siano stati oggetto di un particolare amore paterno. Gesù e Giuseppe furono odiati dai propri fratelli, Giuseppe da quelli carnali e Gesù dal suo popolo (Gv 1, 11) oltre che dai propri parenti, i quali lo avevano cercato pensando che fosse fuori di sé (Gv 7, 5; Mc 3, 20-35). Ugualmente Gesù e Giuseppe obbedendo al padre vanno in cerca dei fratelli per accertarsi di come stavano (Gen 37, 13-14; Fil 2, 5-8).
Entrambi dopo essere stati inviati dal padre furono oggetto di violenza e rifiuto da parte dei fratelli, Uno messo a morte e l’altro risparmiato per essere venduto come schiavo ed entrambi venduti per il prezzo di uno schiavo, 30 denari d’argento per Gesù e 20 sicli d’argento per Giuseppe. Così, come fecero i fratelli che vendettero Giuseppe ai mercanti madianiti, allo stesso modo si comportarono i giudei consegnando Gesù all'autorità romana affinché fosse messo a morte (Gv 18, 35).
Essendo passati entrambi attraverso la sofferenza, furono preparati e mandati avanti per salvare i fratelli dalla morte, Giuseppe salvò i propri fratelli dalla fame sopraggiunta a causa della carestia, essendo diventato per volere divino viceré d’Egitto e amministratore annonario per conto del faraone.
Gesù invece con la sua morte e resurrezione salvò quelli del suo popolo, dando a Israele la possibilità di conversione e perdono dei peccati (At 5, 31), questo non solo per Israele, ma anche per tutti coloro che crederanno in Lui (Gv 3, 15-18; At 10, 43; 13, 39; Rm 1, 16; 10, 4).
Tutto questo è possibile poiché Gesù, avendo offerto sé stesso come sacrificio per i nostri peccati, si è assiso per sempre alla destra di Dio (Eb 10,12) e con il dono dell’Eucaristia ci ha procurato il nutrimento che alimenta la nostra anima donandogli la vita eterna (Gv 6, 47-58; 1Cor 1, 18).
Vedi anche: https://it.cathopedia.org/wiki/Giuseppe_(patriarca)
Oppure: http://m.famigliacristiana.it/blogpost/giuseppe-e-i-suoi-fratelli.htm
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-dono-del-fratello-sognatore
Oppure: http://m.famigliacristiana.it/blogpost/giuseppe-e-i-suoi-fratelli.htm
https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-dono-del-fratello-sognatore
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