Le “Madri della Chiesa” del IV secolo
Le “Madri della Chiesa” del IV secolo
La vita religiosa come la conosciamo oggi, sia quella contemplativa sia quella attiva, si è evoluta nel corso di due millenni. In questo terzo articolo di quattro, Christine Schenk analizza il contributo di donne cristiane eminenti nel IV secolo, che con la fondazione di monasteri hanno posto le basi per la vita delle religiose di oggi
Christine Schenk CSJ
Il IV secolo inizia con una dura persecuzione dei cristiani, in particolare a Oriente. Dopo avere abbracciato il Dio cristiano e dopo una lunga lotta per il potere, Costantino diventa imperatore nel 324 d.C. La Chiesa assurge in questa epoca a livelli senza precedenti di potere terreno e capacità di influenza grazie al favore imperiale di Costantino, dei suoi figli e della madre, Elena. Gli uomini di Chiesa ricevono benefici sontuosi da aristocratiche donne cristiane come Olimpia, Melania l’anziana, Melania la giovane e Paola. Le comunità cristiane che fino a quel momento si erano incontrate in grandi case, si ritrovano ora in ambienti pubblici sontuosi. Questi cambiamenti esasperano le tensioni sul ministero pubblico delle donne cristiane.
Come cambia il ruolo delle donne nella Chiesa
Il IV secolo vede nascere anche una pericolosa tendenza ad assimilare, sia pur simbolicamente, il genere femminile all’eresia, nonostante sia uomini sia donne cristiani siano coinvolti nelle più disparate interpretazioni del cristianesimo, fino a essere definite eretiche. Ma soprattutto le donne corrono il rischio di essere qualificate come eretiche e sospettate di impudicizia, quando assumono il ruolo di maestro. Questo è il contesto ecclesiale nel quale vivono e testimoniano la loro fede le “Madri della Chiesa” del IV secolo. Quello che segue è una breve ma significativa cronologia delle loro vite e del modo in cui esse – e le loro comunità – esercitano l’autorità ecclesiale nella Chiesa primitiva.
Egeria - Ritratto del Fayyum (Wikimedia commons)
Testi scritti da donne
Notizie letterarie su donne del IV secolo come Marcella, Paola, Macrina, Melania l’anziana e Olimpia ci arrivano sostanzialmente da uomini di Chiesa eruditi come Girolamo, Gregorio di Nissa, Palladio e Giovanni Crisostomo. Abbiamo due testi scritti da donne: Proba ed Egeria. Proba adatta un centone di Virgilio in prosa, tanto amata a Roma, per raccontare la storia del cristianesimo al fine di evangelizzare i giovani aristocratici, creando uno strumento culturalmente trasversale che influenzerà uomini e donne cristiani per generazioni. Egeria, invece, scrive un diario di viaggio per le sue sorelle, illustrando il suo itinerario verso i luoghi sacri dell’Est. Durante questo viaggio, scrive Egeria, a un certo punto ha incontrato la sua “amica molto cara, la santa diaconessa Marthana”, che governa un monastero doppio vicino al Santuario di Santa Tecla (in Turchia). Marthana è un raro esempio di diacono-donna che esercita l’autorità di governo su uomini e donne cristiani.
Mentre spesso si attribuisce la nascita del monachesimo a Basilio a Oriente e a Girolamo in Occidente, due donne – Macrina e Marcella – iniziano a praticare questo stile di vita cristiano molto prima degli uomini.
Notizie letterarie su donne del IV secolo come Marcella, Paola, Macrina, Melania l’anziana e Olimpia ci arrivano sostanzialmente da uomini di Chiesa eruditi come Girolamo, Gregorio di Nissa, Palladio e Giovanni Crisostomo. Abbiamo due testi scritti da donne: Proba ed Egeria. Proba adatta un centone di Virgilio in prosa, tanto amata a Roma, per raccontare la storia del cristianesimo al fine di evangelizzare i giovani aristocratici, creando uno strumento culturalmente trasversale che influenzerà uomini e donne cristiani per generazioni. Egeria, invece, scrive un diario di viaggio per le sue sorelle, illustrando il suo itinerario verso i luoghi sacri dell’Est. Durante questo viaggio, scrive Egeria, a un certo punto ha incontrato la sua “amica molto cara, la santa diaconessa Marthana”, che governa un monastero doppio vicino al Santuario di Santa Tecla (in Turchia). Marthana è un raro esempio di diacono-donna che esercita l’autorità di governo su uomini e donne cristiani.
Mentre spesso si attribuisce la nascita del monachesimo a Basilio a Oriente e a Girolamo in Occidente, due donne – Macrina e Marcella – iniziano a praticare questo stile di vita cristiano molto prima degli uomini.
Santa Macrina sul colonnato di Piazza San Pietro (Wikimedia commons)
Macrina (327-379 d.C.) fonda un monastero ad Annisa, in Asia Minore, che diventa il prototipo per la regola monastica scritta da suo fratello Basilio. Se Basilio più tardi viene definito “padre del monachesimo”, sicuramente Macrina ne è la madre. La sua autorità come guida spirituale influenza profondamente i suoi fratelli Basilio e Gregorio, ambedue teologi, che elaboreranno la dottrina della Trinità.
Marcella di Roma (Incisione di Diodore Rahoult, Italia, 1886 / Wikimedia commons)
Marcella (325-410) riunisce donne che studiano la Scrittura e pregano nella sua villa aristocratica sul colle Aventino già più di 40 anni prima dell’arrivo di Girolamo a Roma. Quando Girolamo torna a Gerusalemme, i sacerdoti di Roma consultano Marcella per chiarire alcuni passaggi dei testi biblici. Marcella interviene anche in dibattiti pubblici sulla controversia origenista.
San Girolamo insieme ai suoi discepoli, Santa Paola e Sant’Eustochio (Wikimedia commons)
Paola Romana (347-404) fonda due monasteri a Betlemme: uno per donne e uno per uomini. Il monastero maschile lo affida ai monaci ed è lì che, grazie al suo supporto, Girolamo completa la sua traduzione della Bibbia dal greco in latino. Girolamo ci racconta che la conoscenza di Paola della lingua ebraica superava la sua.
Melania l’anziana (350-410) riesce a ricondurre un importante uomo di Chiesa (Evagrio) al suo voto di celibato; insegna e converte molti uomini. È determinante nella risoluzione di uno scisma che coinvolge 400 monaci ad Antiochia, “vincendo su ogni eretico che rinnega lo Spirito Santo”. Finanzia e co-fonda un monastero doppio sul Monte degli Ulivi dove le sue comunità si impegnano nello studio delle Scritture, nella preghiera e nelle opere di carità.
Olimpia (368-408), ordinata diaconessa a Costantinopoli dal vescovo Nettario, usa l’immensa fortuna della sua famiglia per sostenere la Chiesa e servire i poveri. Fonda un grande monastero vicino alla Basilica di Santa Sofia (fig. 1), dove sono ordinate diaconesse anche tre sue congiunte. Presto si uniscono anche donne provenienti da famiglie del Senato romano, e il numero delle monache arriva così a 250.
Questi sono soltanto alcuni esempi di donne del IV secolo le cui comunità sono precursori della vita religiosa contemporanea. La loro testimonianza e autorità ecclesiale influenzano fortemente le comunità cristiane della loro epoca ma anche quelle dei tempi a venire. In epoche in cui alcuni uomini di Chiesa proibiscono alle donne di parlare o insegnare pubblicamente e preferiscono che rimangano a casa, ci sono invece evidenze che nel IV secolo alcune donne cristiane abbiano esercitato autorità, che si siano espresse su importanti temi ecclesiali, abbiano insegnato a donne e a uomini e abbiano liberamente testimoniato quel Cristo al quale avevano scelto di legarsi.
Il materiale usato per questo articolo è tratto in larga parte dal libro dell’autrice “Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo” (Fortress Press, 2017). Nel quarto e ultimo articolo di questa serie, un’analisi sulle motivazioni che possono avere spinto le donne del cristianesimo primitivo a essere contributrici attive all’edificazione della Chiesa.
Articolo originale pubblicato su: Vatican News
Melania l’anziana (350-410) riesce a ricondurre un importante uomo di Chiesa (Evagrio) al suo voto di celibato; insegna e converte molti uomini. È determinante nella risoluzione di uno scisma che coinvolge 400 monaci ad Antiochia, “vincendo su ogni eretico che rinnega lo Spirito Santo”. Finanzia e co-fonda un monastero doppio sul Monte degli Ulivi dove le sue comunità si impegnano nello studio delle Scritture, nella preghiera e nelle opere di carità.
Olimpia (368-408), ordinata diaconessa a Costantinopoli dal vescovo Nettario, usa l’immensa fortuna della sua famiglia per sostenere la Chiesa e servire i poveri. Fonda un grande monastero vicino alla Basilica di Santa Sofia (fig. 1), dove sono ordinate diaconesse anche tre sue congiunte. Presto si uniscono anche donne provenienti da famiglie del Senato romano, e il numero delle monache arriva così a 250.
Questi sono soltanto alcuni esempi di donne del IV secolo le cui comunità sono precursori della vita religiosa contemporanea. La loro testimonianza e autorità ecclesiale influenzano fortemente le comunità cristiane della loro epoca ma anche quelle dei tempi a venire. In epoche in cui alcuni uomini di Chiesa proibiscono alle donne di parlare o insegnare pubblicamente e preferiscono che rimangano a casa, ci sono invece evidenze che nel IV secolo alcune donne cristiane abbiano esercitato autorità, che si siano espresse su importanti temi ecclesiali, abbiano insegnato a donne e a uomini e abbiano liberamente testimoniato quel Cristo al quale avevano scelto di legarsi.
Il materiale usato per questo articolo è tratto in larga parte dal libro dell’autrice “Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo” (Fortress Press, 2017). Nel quarto e ultimo articolo di questa serie, un’analisi sulle motivazioni che possono avere spinto le donne del cristianesimo primitivo a essere contributrici attive all’edificazione della Chiesa.
Articolo originale pubblicato su: Vatican News
Chiesa primitiva: donna e autorità nella rappresentazione su sarcofagi del IV secolo
Sarcofago del IV secolo con fregi e la rappresentazione di una donna defunta a dimensione intera, che tiene in una mano una pergamena e l’altra nel gesto dell’oratore, in mezzo a scene bibliche. (Foto dell’autore nel Museo Pio Cristiano in Vaticano. Tutti i diritti riservati.)
La vita religiosa – sia quella contemplativa sia quella attiva come la conosciamo oggi – si è evoluta nel corso di due millenni. In questo secondo articolo, Christine Schenk racconta di una ricerca originale su evidenze archeologiche riguardo all’attività delle donne del cristianesimo delle origini, rilevate nei rilievi di sarcofagi datati tra la fine del III e l’inizio del V secolo
Christine Schenk CSJ
Dato che la maggior parte della storia si basa su documenti prodotti da uomini, la ricerca di dati storici affidabili riguardo alle donne nel cristianesimo primitivo può diventare una vera sfida. Il cristianesimo si fonda fortemente sulla parola scritta come primo mezzo per la conoscenza della sua storia. Come afferma la dottoressa Janet Tulloch in un articolo pubblicato nel 2004, le informazioni raccolte da artefatti visivi come affreschi, dipinti e rilievi sui sarcofagi sono state finora affidate quasi esclusivamente a storici dell’arte e archeologi. Nonostante siano state molte le donne mecenate a sostenere finanziariamente gli uomini della Chiesa primitiva (Maria di Magdala, Febe, Lidia, Paola, Olimpia), la loro presenza è scarsamente menzionata nelle fonti letterarie. Da un po’ di tempo, invece, gli studiosi hanno capito che l’archeologia è una fonte importante per quanto riguarda la presenza delle donne nel cristianesimo primitivo.
Documentazione scritta contro quella archeologicaPer i primi quattro secoli della storia cristiana (e fino a oggi), gli uomini di Chiesa hanno giustificato la limitazione dell’autorità della donna rifacendosi all’ammonimento nella prima lettera di Paolo a Timoteo, secondo il quale la donna doveva rimanere in silenzio nelle assemblee e non insegnare né "dettare legge all’uomo" (2,12). Eppure, l’arte funeraria cristiana tra la fine del III e l’inizio del V secolo rappresenta donne nell’atteggiamento di insegnare e predicare. In questa sede sarà possibile solo una breve dissertazione su questo argomento affascinante.
Sia per i romani cristiani, sia per quelli pagani, un sarcofago non era semplicemente il contenitore di una salma, ma un monumento carico di significati. L’arte funeraria romana aveva lo scopo di rendere visibile l’identità della persona deceduta e di commemorare i suoi valori e le sue virtù. Solo le persone benestanti potevano permettersi un monumento funebre così costoso; anche la progettazione della rappresentazione, cioè di come voler essere ricordati, era un procedimento importante. Essere raffigurati con una pergamena, una capsa (contenitore per pergamene) o un codex (libro) era un indicatore immediato dell’istruzione, dello status e del benessere della persona deceduta.
Sia gli uomini cristiani sia le donne erano ricordati e idealizzati come persone di un certo status, con una certa autorevolezza, erudizione e devozione religiosa. Se la persona defunta veniva rappresentata con una pergamena o con una capsa e immersa in scene bibliche, questo stava a indicare la loro erudizione nelle Scritture ebraiche e cristiane.
Nel corso di tre anni ho analizzato 2.119 immagini e descrizioni di sarcofagi e frammenti datati dal III all’inizio del V secolo, comprese tutte le immagini reperibili di sarcofagi cristiani. Da un’indagine approfondita dei motivi iconografici selezionati è risultato che molte donne del cristianesimo primitivo sono state ricordate come persone di un certo stato sociale, influenti e autorevoli nelle loro comunità. Una scoperta davvero significativa è che ci sono, rispetto a ritratti funerari di uomini cristiani, almeno tre volte tanti ritratti di donne cristiane, e le probabilità che questi ritrovamenti siano dovuti solo al caso sono inferiori a 1 su 1.000.
Molti dei rilievi sui sarcofagi rappresentano donne in mezzo a scene bibliche, nel gesto dell’oratore oppure con pergamene o codici nelle mani. Questa è una testimonianza efficace del fatto che le donne del IV secolo non si attenevano alla disposizione di rimanere in silenzio. La loro diffusione lascia pensare all’emergere di una nuova identità femminile di erudizione biblica e di autorevolezza nell’insegnamento. Un’altra verifica interessante è che i ritratti femminili hanno il doppio delle possibilità di essere affiancate da figure di apostoli (spesso Pietro e Paolo), probabilmente per avvalorare la loro autorevolezza religiosa.
Cosa ci dice l’archeologiaL’iconografia del cristianesimo primitivo ci dice che le donne cristiane erano istruite, pie e benestanti. A giudicare dal numero di sarcofagi con la rappresentazione di sole donne questo sta a indicare che si trattava anche di donne singole o vedove, a ricordare le prime comunità di vedove o di vergini di cui abbiamo parlato nel primo articolo di questa serie. Considerando poi che molte di loro sono rappresentate con pergamene e in attitudine di predicazione in una scena biblica, ne possiamo dedurre che fossero erudite nelle Scritture e volevano essere rappresentate come donne che confidavano nel potere salvifico di Dio ed esperte della vita di Gesù e dei suoi miracoli di guarigione. Le loro comunità poi le idealizzavano come figure erudite con l’autorità, quantomeno, di proclamare e insegnare le Scritture.
È plausibile che le “madri della Chiesa” di epoche successive, come Marcella, Paola, Melania l’anziana e Proba, ammirassero questi modelli femminili primitivi che le ispirarono ad amare e studiare le Scritture. Le fonti letterarie riguardo alle “madri della Chiesa” coincidono con i ritrovamenti archeologici, a conferma di quanto studiosi contemporanei – compreso Papa Benedetto XVI – avevano già teorizzato e cioè che nel cristianesimo primitivo le donne avessero un’influenza molto maggiore di quanto non sia generalmente riconosciuto. Mentre nella documentazione letteraria sono le figure maschili a predominare, i ritratti funebri nel campo dell’archeologia dimostrano invece come siano in preponderanza le donne cristiane a essere ricordate per aver esercitato sostanzialmente l’autorità ecclesiale all’interno delle loro comunità. E, come vedremo, le donne che si riunivano intorno alle nostre “madri della Chiesa” si sono evolute successivamente in alcune delle nostre primissime comunità - intenzionali - di religiose.
Un trattato più dettagliato dello studio, protrattosi per tre anni, di Christine Schenk su sarcofagi e frammenti dal III al VI secolo si trova nel testo della stessa autrice dal titolo “Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo” (Crispina and Her Sisters: Women and Authority in Early Christianity, Fortress Press, 2017). Nel terzo articolo di questa serie, il ritratto di donne importanti del IV secolo che hanno fondato monasteri ponendo le basi della vita religiosa di oggi.
ticolo originale pubblicato su: Vatican News
Christine Schenk CSJ
Dato che la maggior parte della storia si basa su documenti prodotti da uomini, la ricerca di dati storici affidabili riguardo alle donne nel cristianesimo primitivo può diventare una vera sfida. Il cristianesimo si fonda fortemente sulla parola scritta come primo mezzo per la conoscenza della sua storia. Come afferma la dottoressa Janet Tulloch in un articolo pubblicato nel 2004, le informazioni raccolte da artefatti visivi come affreschi, dipinti e rilievi sui sarcofagi sono state finora affidate quasi esclusivamente a storici dell’arte e archeologi. Nonostante siano state molte le donne mecenate a sostenere finanziariamente gli uomini della Chiesa primitiva (Maria di Magdala, Febe, Lidia, Paola, Olimpia), la loro presenza è scarsamente menzionata nelle fonti letterarie. Da un po’ di tempo, invece, gli studiosi hanno capito che l’archeologia è una fonte importante per quanto riguarda la presenza delle donne nel cristianesimo primitivo.
Documentazione scritta contro quella archeologicaPer i primi quattro secoli della storia cristiana (e fino a oggi), gli uomini di Chiesa hanno giustificato la limitazione dell’autorità della donna rifacendosi all’ammonimento nella prima lettera di Paolo a Timoteo, secondo il quale la donna doveva rimanere in silenzio nelle assemblee e non insegnare né "dettare legge all’uomo" (2,12). Eppure, l’arte funeraria cristiana tra la fine del III e l’inizio del V secolo rappresenta donne nell’atteggiamento di insegnare e predicare. In questa sede sarà possibile solo una breve dissertazione su questo argomento affascinante.
Sia per i romani cristiani, sia per quelli pagani, un sarcofago non era semplicemente il contenitore di una salma, ma un monumento carico di significati. L’arte funeraria romana aveva lo scopo di rendere visibile l’identità della persona deceduta e di commemorare i suoi valori e le sue virtù. Solo le persone benestanti potevano permettersi un monumento funebre così costoso; anche la progettazione della rappresentazione, cioè di come voler essere ricordati, era un procedimento importante. Essere raffigurati con una pergamena, una capsa (contenitore per pergamene) o un codex (libro) era un indicatore immediato dell’istruzione, dello status e del benessere della persona deceduta.
Sia gli uomini cristiani sia le donne erano ricordati e idealizzati come persone di un certo status, con una certa autorevolezza, erudizione e devozione religiosa. Se la persona defunta veniva rappresentata con una pergamena o con una capsa e immersa in scene bibliche, questo stava a indicare la loro erudizione nelle Scritture ebraiche e cristiane.
Nel corso di tre anni ho analizzato 2.119 immagini e descrizioni di sarcofagi e frammenti datati dal III all’inizio del V secolo, comprese tutte le immagini reperibili di sarcofagi cristiani. Da un’indagine approfondita dei motivi iconografici selezionati è risultato che molte donne del cristianesimo primitivo sono state ricordate come persone di un certo stato sociale, influenti e autorevoli nelle loro comunità. Una scoperta davvero significativa è che ci sono, rispetto a ritratti funerari di uomini cristiani, almeno tre volte tanti ritratti di donne cristiane, e le probabilità che questi ritrovamenti siano dovuti solo al caso sono inferiori a 1 su 1.000.
Molti dei rilievi sui sarcofagi rappresentano donne in mezzo a scene bibliche, nel gesto dell’oratore oppure con pergamene o codici nelle mani. Questa è una testimonianza efficace del fatto che le donne del IV secolo non si attenevano alla disposizione di rimanere in silenzio. La loro diffusione lascia pensare all’emergere di una nuova identità femminile di erudizione biblica e di autorevolezza nell’insegnamento. Un’altra verifica interessante è che i ritratti femminili hanno il doppio delle possibilità di essere affiancate da figure di apostoli (spesso Pietro e Paolo), probabilmente per avvalorare la loro autorevolezza religiosa.
Cosa ci dice l’archeologiaL’iconografia del cristianesimo primitivo ci dice che le donne cristiane erano istruite, pie e benestanti. A giudicare dal numero di sarcofagi con la rappresentazione di sole donne questo sta a indicare che si trattava anche di donne singole o vedove, a ricordare le prime comunità di vedove o di vergini di cui abbiamo parlato nel primo articolo di questa serie. Considerando poi che molte di loro sono rappresentate con pergamene e in attitudine di predicazione in una scena biblica, ne possiamo dedurre che fossero erudite nelle Scritture e volevano essere rappresentate come donne che confidavano nel potere salvifico di Dio ed esperte della vita di Gesù e dei suoi miracoli di guarigione. Le loro comunità poi le idealizzavano come figure erudite con l’autorità, quantomeno, di proclamare e insegnare le Scritture.
È plausibile che le “madri della Chiesa” di epoche successive, come Marcella, Paola, Melania l’anziana e Proba, ammirassero questi modelli femminili primitivi che le ispirarono ad amare e studiare le Scritture. Le fonti letterarie riguardo alle “madri della Chiesa” coincidono con i ritrovamenti archeologici, a conferma di quanto studiosi contemporanei – compreso Papa Benedetto XVI – avevano già teorizzato e cioè che nel cristianesimo primitivo le donne avessero un’influenza molto maggiore di quanto non sia generalmente riconosciuto. Mentre nella documentazione letteraria sono le figure maschili a predominare, i ritratti funebri nel campo dell’archeologia dimostrano invece come siano in preponderanza le donne cristiane a essere ricordate per aver esercitato sostanzialmente l’autorità ecclesiale all’interno delle loro comunità. E, come vedremo, le donne che si riunivano intorno alle nostre “madri della Chiesa” si sono evolute successivamente in alcune delle nostre primissime comunità - intenzionali - di religiose.
Un trattato più dettagliato dello studio, protrattosi per tre anni, di Christine Schenk su sarcofagi e frammenti dal III al VI secolo si trova nel testo della stessa autrice dal titolo “Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo” (Crispina and Her Sisters: Women and Authority in Early Christianity, Fortress Press, 2017). Nel terzo articolo di questa serie, il ritratto di donne importanti del IV secolo che hanno fondato monasteri ponendo le basi della vita religiosa di oggi.
ticolo originale pubblicato su: Vatican News