Le religioni dei popoli limitrofi dell'antico Israele
Mitologia del Vicino Oriente Antico
I principali caratteri delle religioni del Vicino Oriente Antico e i loro miti
La religione è una delle manifestazioni più ampie ed importanti della vita degli antichi popoli. Vediamo in linea generale i principali caratteri delle religioni del Vicino Oriente Antico con i loro miti più importanti. Buona lettura!
“Gli esempi che possiamo portare sono molteplici. Nelle letterature di varie culture orientali si trovano racconti di creazione, raccolte di leggi, racconti di diluvio universale, inni, preghiere, collezioni di proverbi, sorprendentemente simili a quelli biblici, sia per contenuto che per forme. Molte di queste espressioni letterarie sono il prodotto di analoghe esperienze di vita; alla base del pensiero sapienziale biblico c’è, dunque, un fondo esperienziale comune a tutto il Vicino Oriente. Marcate analogie ci sono anche con opere bibliche di tipo concettuale, come il libro di Giobbe o il Qoelet, che elaborano riflessioni su problematiche universali come la sofferenza del giusto, la retribuzione da parte della divinità e la sua giustizia”.
Che cosa ha reso possibile la somiglianza dei libri biblici con opere di altri popoli?
“Gli scritti biblici sono profondamente debitori verso gli assunti culturali comuni a varie civiltà, innanzitutto perché quella di Israele è l’ultima nata in oriente, poi perché i regni, e prima ancora le tribù di Israele, furono a stretto contatto con gli imperi successivi (l’Egitto, gli Ittiti, l’Assiria, la Babilonia e l’Iran). Cause specifiche sono state le invasioni, le conquiste, le migrazioni di popoli, ma anche i commerci e i viaggi. Il contatto con la produzione culturale e letteraria di popoli diversi ha esercitato una profonda suggestione sulla produzione letteraria biblica; ne è testimone l’archeologia la quale ha dimostrato, per esempio, che scribi di Israele studiavano su tavolette in cuneiforme”.
Che cosa ha reso possibile la somiglianza dei libri biblici con opere di altri popoli?
“Gli scritti biblici sono profondamente debitori verso gli assunti culturali comuni a varie civiltà, innanzitutto perché quella di Israele è l’ultima nata in oriente, poi perché i regni, e prima ancora le tribù di Israele, furono a stretto contatto con gli imperi successivi (l’Egitto, gli Ittiti, l’Assiria, la Babilonia e l’Iran). Cause specifiche sono state le invasioni, le conquiste, le migrazioni di popoli, ma anche i commerci e i viaggi. Il contatto con la produzione culturale e letteraria di popoli diversi ha esercitato una profonda suggestione sulla produzione letteraria biblica; ne è testimone l’archeologia la quale ha dimostrato, per esempio, che scribi di Israele studiavano su tavolette in cuneiforme”.
Egitto.
La religione dell’antico Egitto è estremamente complicata: essa è un insieme di molte credenze elaborate separatamente nelle varie città che furono nei secoli capitali dei faraoni e nei numerosissimi villaggi lungo il corso del fiume Nilo. Presso le più antiche dinastie è già presente l’idea che il faraone è il discendente degli dei, i quali all’inizio erano i re della terra. Egli perciò è considerato figlio degli dei. In garanzia di questa sua natura divina, il faraone è per certi versi “immortale”: un esempio della sua immortalità è costituito infatti dalla costruzione di grandi monumenti sepolcrali, le piramidi. Il corpo del faraone, conservato con particolari trattamenti che ne impediscono la decomposizione, rimane così in rapporto con l’anima e il suo spirito proteggerà i sudditi, elargendo loro i benefici delle piogge, delle inondazioni del Nilo e dei buoni raccolti. Più tardi, nel tempo del Medio Regno, si diffonde la convinzione che l’immortalità sia riconosciuta a tutti gli uomini.
I sacerdoti creano delle scuole “teologiche” nei vari centri del potere. Una di queste è quella di Eliopoli: secondo questa scuola, all’inizio esisteva il Nun, ossia il Caos primordiale, dal quale sorse Atum-Re, ossia il dio che si identifica col Sole e che è fonte della vita successiva. Atum-Re crea gli dei primitivi che sono Sow, l’aria; Tefenut, la pioggia; Geb, la terra; Nut, il cielo. Per creare, Atum-Re si serve della parola, intesa come espressione magica. Come si può vedere dai nomi degli dei, si tratta di personificazioni degli elementi fondamentali della natura che danno la vita alle piante, agli animali e agli uomini: sono essi che presiedono tutta l’esistenza. Da queste divinità primitive vengono, in seguito, generate due coppie di dei molto simili agli uomini: la prima coppia – Osiride e Iside – diventa assai celebre nel culto. Osiride è come un primo re della terra del Nilo, benefico verso il popolo degli uomini, saggio legislatore, maestro di vita civile e sapienza. Il fratello “cattivo”, Set, lo uccide. Ma la moglie, Iside, ne ritrova il cadavere e col suo affetto gli ridona la vita. Osiride, morto e risorto, presiede alla resurrezione dei defunti e diventa il dio del regno luminoso dell’aldilà. Un altro filone interessante per cogliere lo stretto legame tra religione e natura è l’identificazione di Iside con la Luna, la cui festa di primavera è la festa della resurrezione della vita e della eterna fecondità della terra.
Il mito di Osiride e Iside
Il mito di Osiride ed Iside lo si può definire il mito nazionale dell'Egitto, che poi venne esteso nell'area mediterranea con l'avvento dell'ellenismo.
E' importante vederne l'originale entità, prima che prendesse i rivestimenti dell'ellenismo nei misteri osiridici e isidici, perché le fonti ci informano che in essi si conserva la lingua egizia, e quindi intendevano riferirsi alle origini del mito.
Considerando i “Testi delle piramidi”, cioè i testi scritti nelle pareti delle celle funerarie, Osiride ed Iside sono due divinità generate da Nut (dea del cielo) e Geb (dio della terra). Osiride è la prima figura maschile e Iside è la prima figura femminile. Sono i primogeniti dei due sessi, diventano sposi, in tal modo la primogenitura della potenza di Nut e Geb viene preservata da ogni dissipazione. Osiride è un dio sovrano in terra che introduce la civiltà tra gli uomini primitivi e la espande oltre i confini dell'Egitto. Seth, suo fratello, è pieno di invidia e concepisce il pensiero di ucciderlo, ma Iside la moglie-sorella vigila su Osiride. Seth, secondo figlio maschio di Nut e Geb, avvalendosi del consiglio del dio Thot, altro fratello di Osiride, tende un tranello a Osiride, lo colpisce, lo lega e lo uccide, facendo infine a pezzi il cadavere, disperdendoli nelle acque del Nilo. L'intento di Seth è quello che ad Osiride non si possa compiere il rituale di mummificazione, e quindi che lo spirito di Osiride possa venire in possesso del suo corpo mummificato. Iside cerca lo sposo, ma non lo trova e con Nefti (Nephthys), sua sorella, si mette a gridare nel pianto e gli dei vedendo quel dolore si lacerano le carni, ma Seth e Thot non partecipano al dolore.
Nut recupera nell'acqua le membra del cadavere di colore verde e nero (la vegetazione e il limo), e le ricompone lasciando il corpo sulle acque dove Iside lo raccoglie. Gli dei si prendono cura del cadavere. Il dio Ra (Re), il Sole, gli sostiene la testa e gli dice in un speciale rituale di imbalsamazione: “non imputridire, non marcire, non sia cattivo il tuo odore”. Iside si trasforma in falco e si pone sul marito ventilandolo con le ali. La mummia ha un segno di vita nei genitali, come si ritrova nei “Testi delle Piramidi”, e così la dea rimane incinta del dio Horus, che nascerà con corpo umano e testa di falco.
Iside partorisce Horus, e quando questi è adulto affronta Seth, il nemico del padre. Nella lotta Seth strappa ad Horus il suo occhio divino, e Seth assume per questo l'aspetto di un porco. Horus a sua volta strappa i testicoli a Seth e recupera il suo occhio. Quindi Horus dona al padre Osiride il suo occhio. Osiride si rianima e diventa potente. Il ciclo agrario si completa. Le parole del "Papiro di Ani" cap. 167 si riferiscono al travaglio di Osiride che, re sovrano su tutta la terra, e quindi avente sul capo l'Ureo (l'Ureo era la rappresentazione del serpente cobra presente nel copricapo del faraone), viene ucciso e smembrato e ricoperto del limo del Nilo. Viene poi ricomposto con la possibilità di minimi segni di vita e riceve la corona Atef (ornamento di fasci di papiro con piume) quale re del sottomondo: "Ho posto la corona Atef al posto della corona Ureret (Ureo). Ho alleviato il dolore, ho sostenuto il supporto dei suoi piedi". "Il supporto dei suoi piedi" è lo sgabello regale che Seth voleva distruggere.
I nemici di Osiride vedendolo di nuovo potente sono atterriti. Per ordine di Geb gli dei si riuniscono ad Eliopoli per il processo contro Seth, che cerca di sottrarsi, ma due dee della verità lo costringono a confessare. Horus piega sotto i piedi di Osiride Seth, e lo condanna a trasportare Osiride ovunque voglia andare. Poi Geb pone su di un trono Osiride.
Il mito di Osiride ed Iside lo si può definire il mito nazionale dell'Egitto, che poi venne esteso nell'area mediterranea con l'avvento dell'ellenismo.
E' importante vederne l'originale entità, prima che prendesse i rivestimenti dell'ellenismo nei misteri osiridici e isidici, perché le fonti ci informano che in essi si conserva la lingua egizia, e quindi intendevano riferirsi alle origini del mito.
Considerando i “Testi delle piramidi”, cioè i testi scritti nelle pareti delle celle funerarie, Osiride ed Iside sono due divinità generate da Nut (dea del cielo) e Geb (dio della terra). Osiride è la prima figura maschile e Iside è la prima figura femminile. Sono i primogeniti dei due sessi, diventano sposi, in tal modo la primogenitura della potenza di Nut e Geb viene preservata da ogni dissipazione. Osiride è un dio sovrano in terra che introduce la civiltà tra gli uomini primitivi e la espande oltre i confini dell'Egitto. Seth, suo fratello, è pieno di invidia e concepisce il pensiero di ucciderlo, ma Iside la moglie-sorella vigila su Osiride. Seth, secondo figlio maschio di Nut e Geb, avvalendosi del consiglio del dio Thot, altro fratello di Osiride, tende un tranello a Osiride, lo colpisce, lo lega e lo uccide, facendo infine a pezzi il cadavere, disperdendoli nelle acque del Nilo. L'intento di Seth è quello che ad Osiride non si possa compiere il rituale di mummificazione, e quindi che lo spirito di Osiride possa venire in possesso del suo corpo mummificato. Iside cerca lo sposo, ma non lo trova e con Nefti (Nephthys), sua sorella, si mette a gridare nel pianto e gli dei vedendo quel dolore si lacerano le carni, ma Seth e Thot non partecipano al dolore.
Nut recupera nell'acqua le membra del cadavere di colore verde e nero (la vegetazione e il limo), e le ricompone lasciando il corpo sulle acque dove Iside lo raccoglie. Gli dei si prendono cura del cadavere. Il dio Ra (Re), il Sole, gli sostiene la testa e gli dice in un speciale rituale di imbalsamazione: “non imputridire, non marcire, non sia cattivo il tuo odore”. Iside si trasforma in falco e si pone sul marito ventilandolo con le ali. La mummia ha un segno di vita nei genitali, come si ritrova nei “Testi delle Piramidi”, e così la dea rimane incinta del dio Horus, che nascerà con corpo umano e testa di falco.
Iside partorisce Horus, e quando questi è adulto affronta Seth, il nemico del padre. Nella lotta Seth strappa ad Horus il suo occhio divino, e Seth assume per questo l'aspetto di un porco. Horus a sua volta strappa i testicoli a Seth e recupera il suo occhio. Quindi Horus dona al padre Osiride il suo occhio. Osiride si rianima e diventa potente. Il ciclo agrario si completa. Le parole del "Papiro di Ani" cap. 167 si riferiscono al travaglio di Osiride che, re sovrano su tutta la terra, e quindi avente sul capo l'Ureo (l'Ureo era la rappresentazione del serpente cobra presente nel copricapo del faraone), viene ucciso e smembrato e ricoperto del limo del Nilo. Viene poi ricomposto con la possibilità di minimi segni di vita e riceve la corona Atef (ornamento di fasci di papiro con piume) quale re del sottomondo: "Ho posto la corona Atef al posto della corona Ureret (Ureo). Ho alleviato il dolore, ho sostenuto il supporto dei suoi piedi". "Il supporto dei suoi piedi" è lo sgabello regale che Seth voleva distruggere.
I nemici di Osiride vedendolo di nuovo potente sono atterriti. Per ordine di Geb gli dei si riuniscono ad Eliopoli per il processo contro Seth, che cerca di sottrarsi, ma due dee della verità lo costringono a confessare. Horus piega sotto i piedi di Osiride Seth, e lo condanna a trasportare Osiride ovunque voglia andare. Poi Geb pone su di un trono Osiride.
Il culto di Aton
Aton (o Aten) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. L’iconografia del dio lo vuole rappresentato dal disco solare che sovrasta generalmente il re e la sua famiglia, colpiti dai suoi raggi, che in corrispondenza delle narici recano mani che porgono il geroglifico ankh (il segno della vita). Non esiste rappresentazione antropomorfa di Aton.
Evoluzione del culto di Aton ed Eresia amarniana
Il dio Aton è indissolubilmente legato alla figura del faraone Amenhotep IV/Akhenaton, tuttavia, anche se si è soliti indicare il faraone Amenhotep IV quale fondatore del culto atoniano, già precedentemente il culto di Aton era assurto a maggior livello, con Thutmose IV, e ancor più con Amenhotep III, nel periodo in cui l’influenza asiatica si era fatta maggiormente sentire in Egitto. A quest’ultimo, immediato predecessore di Amenhotep IV, si deve infatti il primo allontanamento della casa regnante dal centro cultuale per eccellenza del dio Amon a Karnak, nei pressi dell’odierna Luxor, con la costruzione della reggia, e del proprio complesso funerario, in un’area oltre il Nilo, l’odierna Malqata, i cui unici resti ancora visibili sono i Colossi di Memnone. Tale operazione si inquadrava nel tentativo di sottrarre la casa regnante al potere dei sacerdoti del dio Amon insofferenti al ruolo strettamente religioso.
Su tale preesistente situazione politico-religiosa si poggiò la scelta di Amenhotep IV che, tra il secondo e terzo anno di Regno fece erigere a Karnak, sede del complesso dedicato ad Amon, un grande tempio dedicato ad Aton. Successivamente, tra il quarto ed il sesto anno di regno, il re mutò il suo nome da Amenhotep (Amon è soddisfatto) in Akhenaton (Effettivo spirito di Aton) e trasferì la capitale in una città fatta appositamente costruire, Akhetaton (ovvero Orizzonte di Aton), a circa 250 Km da Tebe. Anche la scelta di erigere una città ex-novo, in un’area non ancora subordinata ad alcuna divinità, denotava l’intento di distaccarsi non solo dal credo amoniano, ma anche da qualsiasi altra divinità preesitente. In tal senso, e facendo riferimento all’attuale denominazione dell’area in cui sorgeva Akhetaton, il periodo va sotto il nome di Eresia Amarniana. Benché di durata minima rispetto alla millenaria storia dell’Egitto (si calcolano circa 17 anni), il periodo dell’eresia amarniana permeò di se non solo la vita politico-religiosa, ma anche quella artistica con canoni così particolari da rendere immediatamente riconoscibili le opere scultoree e pittoriche di tale periodo.
Aton (o Aten) è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto. L’iconografia del dio lo vuole rappresentato dal disco solare che sovrasta generalmente il re e la sua famiglia, colpiti dai suoi raggi, che in corrispondenza delle narici recano mani che porgono il geroglifico ankh (il segno della vita). Non esiste rappresentazione antropomorfa di Aton.
Evoluzione del culto di Aton ed Eresia amarniana
Il dio Aton è indissolubilmente legato alla figura del faraone Amenhotep IV/Akhenaton, tuttavia, anche se si è soliti indicare il faraone Amenhotep IV quale fondatore del culto atoniano, già precedentemente il culto di Aton era assurto a maggior livello, con Thutmose IV, e ancor più con Amenhotep III, nel periodo in cui l’influenza asiatica si era fatta maggiormente sentire in Egitto. A quest’ultimo, immediato predecessore di Amenhotep IV, si deve infatti il primo allontanamento della casa regnante dal centro cultuale per eccellenza del dio Amon a Karnak, nei pressi dell’odierna Luxor, con la costruzione della reggia, e del proprio complesso funerario, in un’area oltre il Nilo, l’odierna Malqata, i cui unici resti ancora visibili sono i Colossi di Memnone. Tale operazione si inquadrava nel tentativo di sottrarre la casa regnante al potere dei sacerdoti del dio Amon insofferenti al ruolo strettamente religioso.
Su tale preesistente situazione politico-religiosa si poggiò la scelta di Amenhotep IV che, tra il secondo e terzo anno di Regno fece erigere a Karnak, sede del complesso dedicato ad Amon, un grande tempio dedicato ad Aton. Successivamente, tra il quarto ed il sesto anno di regno, il re mutò il suo nome da Amenhotep (Amon è soddisfatto) in Akhenaton (Effettivo spirito di Aton) e trasferì la capitale in una città fatta appositamente costruire, Akhetaton (ovvero Orizzonte di Aton), a circa 250 Km da Tebe. Anche la scelta di erigere una città ex-novo, in un’area non ancora subordinata ad alcuna divinità, denotava l’intento di distaccarsi non solo dal credo amoniano, ma anche da qualsiasi altra divinità preesitente. In tal senso, e facendo riferimento all’attuale denominazione dell’area in cui sorgeva Akhetaton, il periodo va sotto il nome di Eresia Amarniana. Benché di durata minima rispetto alla millenaria storia dell’Egitto (si calcolano circa 17 anni), il periodo dell’eresia amarniana permeò di se non solo la vita politico-religiosa, ma anche quella artistica con canoni così particolari da rendere immediatamente riconoscibili le opere scultoree e pittoriche di tale periodo.
Akhenaton
La figura di Akhenaton, permea la scelta del dio Aton e le due figure sono indissolubilmente legate tra loro.
Il termine “aton” appare in uso almeno dal Primo periodo Intermedio e dal Medio Regno ed una delle prime menzioni risale[5] ai Testi dei sarcofagi ed al Racconto di Sinhue[6] in cui il re morente viene «riunito con il sole» ed il termine “sole”, in questo caso è reso non con “ra”, come era solito, bensì proprio con la parola “aton”. Il Racconto di Sinhue è noto in molteplici versioni; in almeno una di queste, il Papiro di Berlino n.ro 10499, il termine “aton” è preceduto dal segno geroglifico che indica la divinità.
Sembra perciò confermato che almeno dal Medio Regno possa essere attestata l’esistenza di una divinità denominata “Aton”. L’iscrizione a pieno titolo nel pantheon egiziano può ascriversi, molto verosimilmente, ai regni di Thutmose III o Amenhotep II. Sotto Thutmose IV venne emesso uno scarabeo in cui il dio guerriero Aton precede il re per garantirgli la vittoria. Con il regno di Amenhotep II si giunge all’ufficializzazione del dio Aton come protettore del re giacché uno dei suoi epiteti era, appunto, “Splendore di Aton” nome, peraltro, assegnato anche ai militari addetti alla guardia del re, nonché ad una città ed alla stessa nave reale. L’ingresso di una divinità come Aton nel pantheon egiziano si deve, molto verosimilmente, come conseguenza delle imprese belliche di Tutmosi III e Amenhotep II, re guerrieri, che avevano portato i confini egiziani nel vicino oriente riversando nelle casse del clero di Amon ingenti ricchezze che ne avevano fortemente aumentato il potere e la capacità di ingerenza negli affari si stato.
Con l’avvento al trono di Amenhotep III la situazione politico-militare cambiò notevolmente e l’oppositore principale era da riconoscersi non più nelle popolazioni del vicino oriente, ormai assoggettate, bensì nel popolo Hittita. Precedentemente ad Amenhotep III, la regola prevedeva il matrimonio tra il figlio del regnante, erede al trono, e la propria sorella che assumeva il titolo di Moglie del Dio Amon.
In contrasto con tale norma, Amenhotep III sposò invece Tye, una nobildonna, facendo così decadere la figura della Moglie del Dio Amon. Sempre in un quadro di allontanamento dal clero di Amon, al contrario di quanto avveniva precedentemente inoltre, quando il re veniva deificato solo dopo la morte, Amenhotep III si fece considerare un dio già in vita facendo erigere sia pure in Nubia, un tempio a se stesso dedicato ed opponendo perciò, al dio Amon di Tebe, il dio Aton che egli scelse quale suo specifico dio protettore. Lo stesso Amenhotep IV/Akhenaton, a sua volta, seguì la tradizione iniziata da suo padre e non sposò un'erede regale facendo ricadere la sua scelta su Nefertiti, forse figlia di un funzionario di Corte (Ay), che come il consorte unì al suo il suo nome Nefer-Neferu-Aton (ovvero Aton raggiante di splendore per la bellissima che qui è giunta).
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La figura di Akhenaton, permea la scelta del dio Aton e le due figure sono indissolubilmente legate tra loro.
Il termine “aton” appare in uso almeno dal Primo periodo Intermedio e dal Medio Regno ed una delle prime menzioni risale[5] ai Testi dei sarcofagi ed al Racconto di Sinhue[6] in cui il re morente viene «riunito con il sole» ed il termine “sole”, in questo caso è reso non con “ra”, come era solito, bensì proprio con la parola “aton”. Il Racconto di Sinhue è noto in molteplici versioni; in almeno una di queste, il Papiro di Berlino n.ro 10499, il termine “aton” è preceduto dal segno geroglifico che indica la divinità.
Sembra perciò confermato che almeno dal Medio Regno possa essere attestata l’esistenza di una divinità denominata “Aton”. L’iscrizione a pieno titolo nel pantheon egiziano può ascriversi, molto verosimilmente, ai regni di Thutmose III o Amenhotep II. Sotto Thutmose IV venne emesso uno scarabeo in cui il dio guerriero Aton precede il re per garantirgli la vittoria. Con il regno di Amenhotep II si giunge all’ufficializzazione del dio Aton come protettore del re giacché uno dei suoi epiteti era, appunto, “Splendore di Aton” nome, peraltro, assegnato anche ai militari addetti alla guardia del re, nonché ad una città ed alla stessa nave reale. L’ingresso di una divinità come Aton nel pantheon egiziano si deve, molto verosimilmente, come conseguenza delle imprese belliche di Tutmosi III e Amenhotep II, re guerrieri, che avevano portato i confini egiziani nel vicino oriente riversando nelle casse del clero di Amon ingenti ricchezze che ne avevano fortemente aumentato il potere e la capacità di ingerenza negli affari si stato.
Con l’avvento al trono di Amenhotep III la situazione politico-militare cambiò notevolmente e l’oppositore principale era da riconoscersi non più nelle popolazioni del vicino oriente, ormai assoggettate, bensì nel popolo Hittita. Precedentemente ad Amenhotep III, la regola prevedeva il matrimonio tra il figlio del regnante, erede al trono, e la propria sorella che assumeva il titolo di Moglie del Dio Amon.
In contrasto con tale norma, Amenhotep III sposò invece Tye, una nobildonna, facendo così decadere la figura della Moglie del Dio Amon. Sempre in un quadro di allontanamento dal clero di Amon, al contrario di quanto avveniva precedentemente inoltre, quando il re veniva deificato solo dopo la morte, Amenhotep III si fece considerare un dio già in vita facendo erigere sia pure in Nubia, un tempio a se stesso dedicato ed opponendo perciò, al dio Amon di Tebe, il dio Aton che egli scelse quale suo specifico dio protettore. Lo stesso Amenhotep IV/Akhenaton, a sua volta, seguì la tradizione iniziata da suo padre e non sposò un'erede regale facendo ricadere la sua scelta su Nefertiti, forse figlia di un funzionario di Corte (Ay), che come il consorte unì al suo il suo nome Nefer-Neferu-Aton (ovvero Aton raggiante di splendore per la bellissima che qui è giunta).
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Freud rimarcò la somiglianza incredibile del Salmo 104 della Bibbia, che esalta la gloria di Dio, con «l'Inno al Sole» di Akhenaton. Il celebre psicoanalista evidenziò la relazione tra il culto di Aton e Mosè, che potrebbe avere due spiegazioni. La prima sottolinea che Mosè venne educato presso la corte del faraone Haremhab. Freud sosteneva veritiero il pensiero di alcuni egittologi che ritenevano la figlia del faraone (che adottò Mosè), fosse molto probabilmente la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton, finita dopo alterne vicende in sposa al faraone Haremhab. La seconda, più probabile, è che Mosè fosse un cortigiano di Akhenaton e pertanto divenisse un adoratore di Aton; questa ipotesi sembra suffragata dalla data di nascita di Mosè, il 7 Adar 2368 (probabilmente tra il 1391-1386 a.C.), che lo fa un contemporaneo del faraone Akhenaton.
l'Inno al Sole» di Akhenaton
“O disco solare vivente, quanto sei bello, grande, splendente. I tuoi raggi circondano le terre Fino al limite di tutto ciò Che hai creato… Come sono numerose le tue opere, o dio unico, a cui nessuno è uguale. Hai creato la terra secondo il tuo desiderio E gli uomini e il bestiame, e tutto ciò che è nel cielo… quando riposi la terra è nell’oscurità come se fosse morta, tutti i leoni escono dalla loro tana tutti i serpenti mordono.”. |
Salmo 104
“O signore mio dio quanto sei grande! Di maestà e di gloria ti rivesti Quanto numerose sono le tue opere O mio dio, le hai fatte tutte con sapienza; piena è la terra delle tue creazioni… tu ordini le tenebre ed è notte e i giovani leoni ruggiscono in cerca di prede. Quando spunta il sole Si ritirano e si coricano nelle loro tane”. |
Come si può giudicare il faraone Akhenaton? Un sognatore, un romantico che visse in una epoca troppo dura? È veramente difficile poter dare una risposta. Senza alcun dubbio fu un sovrano che volle tentare un esperimento religioso, che per diversi motivi (i quali ho cercato di spiegare) non andò a buon fine.
Leggi tutto su: http://www.storiedistoria.com/2013/12/il-faraone-eretico-akhenaton/
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Mesopotamia. Nella Mesopotamia si avvicendano popoli diversi e perciò la religione dipende dal predominio di questo o quel popolo, che impone agli altri le sue divinità. In comune con la tradizione egiziana, troviamo la presenza degli dei, che sono la personificazione delle forze della natura. Ci sono anche divinità dell’oltretomba, che testimoniano la credenza nell’immortalità dell’uomo.
I Sumeri
I sumeri, (abitanti di Šumer, egiziano Sangar, biblico Shinar, nativo ki-en-gir, da ki = terra, en = titolo usualmente tradotto come Signore, gir = colto, civilizzato, quindi "luogo dei signori civilizzati") sono considerati la prima civiltà urbana assieme a quella dell'antico Egitto. Si trattava di un'etnia della Mesopotamia meridionale (l'odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (attorno al 4000 a.C.) fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme che sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata, comparendo attorno alla fine del IV millennio a.C.
I Sumeri
I sumeri, (abitanti di Šumer, egiziano Sangar, biblico Shinar, nativo ki-en-gir, da ki = terra, en = titolo usualmente tradotto come Signore, gir = colto, civilizzato, quindi "luogo dei signori civilizzati") sono considerati la prima civiltà urbana assieme a quella dell'antico Egitto. Si trattava di un'etnia della Mesopotamia meridionale (l'odierno Iraq sud-orientale), autoctona o stanziatasi in quella regione dal tempo in cui vi migrò (attorno al 4000 a.C.) fino all'ascesa di Babilonia (attorno al 1500 a.C.). Preceduta da una scrittura fondamentalmente figurativa, a base di pittogrammi, la successiva stilizzazione condusse alla scrittura cuneiforme che sembra aver preceduto ogni altra forma di scrittura codificata, comparendo attorno alla fine del IV millennio a.C.
La religione Sumera
Lo stesso argomento in dettaglio: Mitologia sumera.È difficile parlare di una religione Sumera in quanto tale, siccome i credi e i riti variavano molto nel tempo e nelle distanze, e ogni città aveva il suo intreccio di mitologia e teologia.
I Sumeri adoravano una triade principale, rappresentata da An, An in lingua sumerica, Anum o Anu in accadico era il dio celeste della mitologia mesopotamica. Artefice del creato, deus otiosus, è padre degli dei e sposo della dea Antum. Gli era sacro il numero 60, massima cifra del sistema sessagesimale mesopotamico. An/Anu in lingua accadica vuol dire "colui che appartiene ai cieli".
Nacque insieme con la sua controparte Ki, la Terra, dal Mare primordiale (Nammu) costituendo inizialmente un unico insieme (chiamato montagna cosmica, l'An-Ki). An e Ki furono in seguito separati dal dio Enlil, da essi stessi generato.
Il dio An/Anum presiede l'assemblea degli Anunnaki, ed inoltre compone la triade cosmica insieme agli dei Enlil ed Enki. Fa anche parte dei quattro Dei creatori, che comprende la triade precedente insieme alla dearsag. Il luogo principale del suo culto si trovava ad Uruk, più esattamente l'antichissimo Tempio di An. del cielo; da Enlil, Enlil è il dio dell'atmosfera della mitologia mesopotamica, ed insieme agli dei An/Anum ed Enki/Ea costituisce una triade cosmica. Considerato fra le divinità creatici del cosmo, secondo alcune tradizioni è colui che custodisce le Tavolette dei Destini.
Lo stesso argomento in dettaglio: Mitologia sumera.È difficile parlare di una religione Sumera in quanto tale, siccome i credi e i riti variavano molto nel tempo e nelle distanze, e ogni città aveva il suo intreccio di mitologia e teologia.
I Sumeri adoravano una triade principale, rappresentata da An, An in lingua sumerica, Anum o Anu in accadico era il dio celeste della mitologia mesopotamica. Artefice del creato, deus otiosus, è padre degli dei e sposo della dea Antum. Gli era sacro il numero 60, massima cifra del sistema sessagesimale mesopotamico. An/Anu in lingua accadica vuol dire "colui che appartiene ai cieli".
Nacque insieme con la sua controparte Ki, la Terra, dal Mare primordiale (Nammu) costituendo inizialmente un unico insieme (chiamato montagna cosmica, l'An-Ki). An e Ki furono in seguito separati dal dio Enlil, da essi stessi generato.
Il dio An/Anum presiede l'assemblea degli Anunnaki, ed inoltre compone la triade cosmica insieme agli dei Enlil ed Enki. Fa anche parte dei quattro Dei creatori, che comprende la triade precedente insieme alla dearsag. Il luogo principale del suo culto si trovava ad Uruk, più esattamente l'antichissimo Tempio di An. del cielo; da Enlil, Enlil è il dio dell'atmosfera della mitologia mesopotamica, ed insieme agli dei An/Anum ed Enki/Ea costituisce una triade cosmica. Considerato fra le divinità creatici del cosmo, secondo alcune tradizioni è colui che custodisce le Tavolette dei Destini.
Secondo la tradizione, sua moglie era Ninlil e i suoi figli Ninurta, Ishkur e Sin. Il suo più grande luogo di venerazione era l'Ekur, ossia il Tempio della Montagna a Nippur. Alcune tradizioni lo ritengono anche custode dei cento me, gli ordinamenti divini iscritti su tavolette, altre le vedono invece originariamente sotto la protezione di Enki, che per errore le cedette ad Inanna.dio dell'aria, o dell'alito del vento e delle grandi tempeste (si consideri che il territorio è alluvionale e palustre; la parola paradiso, di derivazione indoeuropea, significa forse giardino palustre); e da Enki, Enki (Sumero: EN.KI(G)𒂗𒆠) è un dio della Mitologia sumera, più tardi conosciuto come Ea in accadico e nella mitologia babilonese. Originariamente era identificato come la divinità protettrice di Eridu, la capitale religiosa dell'antica Mesopotamia. Più tardi l'influenza del suo culto si diffuse in tutta la Mesopotamia, nella regione di Canaan e tra gli Ittiti e gli Hurriti. Era la divinità dei mestieri (gašam), del bene, dell'acqua, del mare, dei laghi (a, aba, ab), della sapienza (gestú, letteralmente "orecchio") e della creazione (Nudimmud: nu, somiglianza, dim mud, generare). È stato associato alla fascia meridionale delle costellazioni chiamate stelle di Ea, ma anche con la costellazione AŠ-IKU, il quadrato di (Pegaso). Il suo numero sacro è il 40.
Un vasto numero di miti riguardanti Enki sono stati raccolti da molti siti di scavo, estesi dal sud dell'Iraq fino alla costa orientale. Le sue prime apparizioni possono essere rinvenute in iscrizioni cuneiformi attraverso tutta la regione, risalenti prevalentemente a partire dal terzo millennio dell'era ellenistica. I suoi miti sembrano aver influenzato alcune storie bibliche e coraniche.
L'esatto significato del suo nome è incerto: comunemente viene tradotto come "Signore della terra": il sumerico EN viene tradotto con l'equivalente di signore, originariamente veniva attribuito agli Alti Sacerdoti; KI è spesso tradotto con terra. Esistono altre teorie riguardante l'attributo ki, indicando come origine un probabile kig che significa pesce (o meglio un tipo di pesce), o kur che significa tumulo sepolcrale. Il nome Ea è probabilmente di origine hurrita mentre altri sostengono che probabilmente sia di origine semitica e possa avere una derivazione dalla radice semitica occidentale *hyy la quale significa "vita" ed in questo caso utilizzato per "primavera", "acqua corrente". In sumerico E-A significa "la casa dell'acqua" ed è stato suggerito che questo nome fosse originariamente attribuito al tempio della divinità di Eridu. dio della terra o del sottosuolo. Veneravano inoltre la dea Inanna, (anche Inana; cuneiforme sumerico: NIN.AN.NA, forse con il significato di "Signora Cielo", anche MÚŠ con il significato di "Splendente"; in dialetto emesal: gašan.an.na) è la dea sumera della fecondità, della bellezza e dell'amore, inteso come relazione erotica (con l'epiteto di nu.gig, inteso come "ierodula") piuttosto che coniugale; successivamente assimilata alla dea accadica, quindi babilonese e assira, Ištar (anche Eštar). Inanna/Ištar è la più importante divinità femminile mesopotamica[4].dea dell'amore e della guerra (equivalente alla dea Accadica Ishtar), il dio Dumnezu, dio della pastorizia, il dio Ningirsu patrono della città di Lagash, la dea Nammu.
Nella mitologia sumera, Nammu (più propriamente Namma ) è la dea sumera della creazione. Se il mito della creazione babilonese Enûma Elish è basato su un mito sumero, come sembrerebbe essere, Nammu/Namma è la dea sumera del mare primordiale che diede vita al paradisoe alla terra e ai primi dei. Lei era probabilmente la prima personificazione della costellazione che più tardi i Babilonesi avrebbero chiamato Tiamat (per i Greci Cetus) e che era opposta ad Apsû, la fresca acqua dell'oceano che i Sumeri credevano giacere sotto la terra, l'acqua che era fonte della vita e fertilità in una regione in cui non vi erano che scarse piogge.
Come Nammu/Namma è la dea delle acque della fertilità, così An è il dio del cielo. Nammu/Namma e suo figlio Enki crearono l'umanità affinché servissero gli dei. Enki è il dio dell'agricoltura che presidiava le acque dell'Apsû.dea generatrice, e altre divinità, circa seicento, suddivise fra dei minori ed oggetti sacri.
Un vasto numero di miti riguardanti Enki sono stati raccolti da molti siti di scavo, estesi dal sud dell'Iraq fino alla costa orientale. Le sue prime apparizioni possono essere rinvenute in iscrizioni cuneiformi attraverso tutta la regione, risalenti prevalentemente a partire dal terzo millennio dell'era ellenistica. I suoi miti sembrano aver influenzato alcune storie bibliche e coraniche.
L'esatto significato del suo nome è incerto: comunemente viene tradotto come "Signore della terra": il sumerico EN viene tradotto con l'equivalente di signore, originariamente veniva attribuito agli Alti Sacerdoti; KI è spesso tradotto con terra. Esistono altre teorie riguardante l'attributo ki, indicando come origine un probabile kig che significa pesce (o meglio un tipo di pesce), o kur che significa tumulo sepolcrale. Il nome Ea è probabilmente di origine hurrita mentre altri sostengono che probabilmente sia di origine semitica e possa avere una derivazione dalla radice semitica occidentale *hyy la quale significa "vita" ed in questo caso utilizzato per "primavera", "acqua corrente". In sumerico E-A significa "la casa dell'acqua" ed è stato suggerito che questo nome fosse originariamente attribuito al tempio della divinità di Eridu. dio della terra o del sottosuolo. Veneravano inoltre la dea Inanna, (anche Inana; cuneiforme sumerico: NIN.AN.NA, forse con il significato di "Signora Cielo", anche MÚŠ con il significato di "Splendente"; in dialetto emesal: gašan.an.na) è la dea sumera della fecondità, della bellezza e dell'amore, inteso come relazione erotica (con l'epiteto di nu.gig, inteso come "ierodula") piuttosto che coniugale; successivamente assimilata alla dea accadica, quindi babilonese e assira, Ištar (anche Eštar). Inanna/Ištar è la più importante divinità femminile mesopotamica[4].dea dell'amore e della guerra (equivalente alla dea Accadica Ishtar), il dio Dumnezu, dio della pastorizia, il dio Ningirsu patrono della città di Lagash, la dea Nammu.
Nella mitologia sumera, Nammu (più propriamente Namma ) è la dea sumera della creazione. Se il mito della creazione babilonese Enûma Elish è basato su un mito sumero, come sembrerebbe essere, Nammu/Namma è la dea sumera del mare primordiale che diede vita al paradisoe alla terra e ai primi dei. Lei era probabilmente la prima personificazione della costellazione che più tardi i Babilonesi avrebbero chiamato Tiamat (per i Greci Cetus) e che era opposta ad Apsû, la fresca acqua dell'oceano che i Sumeri credevano giacere sotto la terra, l'acqua che era fonte della vita e fertilità in una regione in cui non vi erano che scarse piogge.
Come Nammu/Namma è la dea delle acque della fertilità, così An è il dio del cielo. Nammu/Namma e suo figlio Enki crearono l'umanità affinché servissero gli dei. Enki è il dio dell'agricoltura che presidiava le acque dell'Apsû.dea generatrice, e altre divinità, circa seicento, suddivise fra dei minori ed oggetti sacri.
Gli dei Sumeri (dingir, plurale dingir-dingir oppure dingir-e-ne) erano generalmente i patroni di particolari città, dove venivano venerati e avevano il loro tempio. La loro importanza religiosa logicamente seguiva le sorti politiche della città, cosicché spesso predominava, anche su tutto il paese, a volte invece era asservita ai voleri del vincitore. Particolarmente temuta era la distruzione del simulacro sacro, o il furto della statua che veniva portata in esilio dal nemico.
Secondo il credo Sumero, gli dei avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori (golem). Spesso gli dei esprimevano la loro ira e frustrazione nei terremoti: l'essenza della religione Sumera era sottolineare che tutta l'umanità stava alla mercé degli dei.
I Sumeri credevano che l'universo consistesse in un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una miserabile esistenza come un fantasma (Gidim).
I templi sumeri erano costituiti da una navata centrale con corridoi ai lati. A fianco dei corridoi c'erano le stanze dei sacerdoti, alla fine di uno dei due c'era un palco e una tavola di argilla per i sacrifici animali e vegetal. I granai e i magazzino si trovavano solitamente vicino ai templi. Dopo un certo periodo, i Sumeri cominciarono a piazzare i templi sopra colline artificiali, terrazzate e a più strati: le ziggurat.
Fonte Wikipedia
Secondo il credo Sumero, gli dei avrebbero creato gli umani dall'argilla, per usarli come servitori (golem). Spesso gli dei esprimevano la loro ira e frustrazione nei terremoti: l'essenza della religione Sumera era sottolineare che tutta l'umanità stava alla mercé degli dei.
I Sumeri credevano che l'universo consistesse in un disco piatto racchiuso in una cupola. L'aldilà significava la discesa in un vile mondo inferiore, per passare l'eternità in una miserabile esistenza come un fantasma (Gidim).
I templi sumeri erano costituiti da una navata centrale con corridoi ai lati. A fianco dei corridoi c'erano le stanze dei sacerdoti, alla fine di uno dei due c'era un palco e una tavola di argilla per i sacrifici animali e vegetal. I granai e i magazzino si trovavano solitamente vicino ai templi. Dopo un certo periodo, i Sumeri cominciarono a piazzare i templi sopra colline artificiali, terrazzate e a più strati: le ziggurat.
Fonte Wikipedia
Gli Assiri e i Bbabilonesi.
Col consolidarsi delle dinastie assire e babilonesi si accresce l’importanza dei rispettivi dei nazionali, Assur e Marduk. Questo fatto indica la stretta unione tra religione e politica: la religione legittima l’esercizio del potere. Una delle caratteristiche delle credenze di questi popoli è un notevole culto per i demoni: essi sono concepiti come esseri inferiori agli dei, ma superiori all’uomo e artefici dei mali che affliggono l’umanità. Si sviluppa, come antidoto per allontanare l’influsso malefico dei demoni, l’arte della “magia”, attraverso la quale si credeva di annullare questo influsso. Questi popoli diedero anche molta importanza alla divinazione, cioè all’arte di interpretare la volontà divina e di presagire il futuro: uno strumento per ottenere questa conoscenza fu l’astrologia; perciò i sacerdoti babilonesi furono tra i primi astronomi di cui abbiamo notizia.
La gran parte di questi popoli, gli Assiri e i Babilonesi, erano di origine semitica e dominarono politicamente e culturalmente gli altri popoli semiti, tra cui Ebrei. Pertanto è possibile che alcune loro espressioni religiose siano entrate a far parte del patrimonio religioso ebraico e quindi cristiano. Come in Egitto, così anche in Mesopotamia ci fu una fioritura di miti. Tra questi va ricordato il mito dell’Enuma Elish. Esso parla della creazione e dell’ordinamento del mondo. Inciso su sette tavolette in scrittura cuneiforme, tratta della lotta e della vittoria che i più giovani dei del cielo hanno riportato sulle potenze più antiche, personificazioni dell’oceano e del caos. I primi disponevano in questa lotta dei venti, del fuoco celeste e del Sole; le seconde usufruivano di mostruosi draghi marini e di un demonio, Mummu, che abitava il fondo del mare. I giovani dei si raccolgono attorno al loro campione, Marduk, il giovane Sole nascente; egli vince Tiamat, che rappresenta tutte le potenze del mondo sotterraneo, la squarta in due parti e con esse forma la volta celeste e la terra. La creazione, in questi miti mesopotamici, è dunque una grande lotta tra opposte forze della natura. Da queste immani lotte nascono il mondo e l’uomo, così come dalla guerra nasce il potere dei popoli che dominano la Mesopotamia.
Col consolidarsi delle dinastie assire e babilonesi si accresce l’importanza dei rispettivi dei nazionali, Assur e Marduk. Questo fatto indica la stretta unione tra religione e politica: la religione legittima l’esercizio del potere. Una delle caratteristiche delle credenze di questi popoli è un notevole culto per i demoni: essi sono concepiti come esseri inferiori agli dei, ma superiori all’uomo e artefici dei mali che affliggono l’umanità. Si sviluppa, come antidoto per allontanare l’influsso malefico dei demoni, l’arte della “magia”, attraverso la quale si credeva di annullare questo influsso. Questi popoli diedero anche molta importanza alla divinazione, cioè all’arte di interpretare la volontà divina e di presagire il futuro: uno strumento per ottenere questa conoscenza fu l’astrologia; perciò i sacerdoti babilonesi furono tra i primi astronomi di cui abbiamo notizia.
La gran parte di questi popoli, gli Assiri e i Babilonesi, erano di origine semitica e dominarono politicamente e culturalmente gli altri popoli semiti, tra cui Ebrei. Pertanto è possibile che alcune loro espressioni religiose siano entrate a far parte del patrimonio religioso ebraico e quindi cristiano. Come in Egitto, così anche in Mesopotamia ci fu una fioritura di miti. Tra questi va ricordato il mito dell’Enuma Elish. Esso parla della creazione e dell’ordinamento del mondo. Inciso su sette tavolette in scrittura cuneiforme, tratta della lotta e della vittoria che i più giovani dei del cielo hanno riportato sulle potenze più antiche, personificazioni dell’oceano e del caos. I primi disponevano in questa lotta dei venti, del fuoco celeste e del Sole; le seconde usufruivano di mostruosi draghi marini e di un demonio, Mummu, che abitava il fondo del mare. I giovani dei si raccolgono attorno al loro campione, Marduk, il giovane Sole nascente; egli vince Tiamat, che rappresenta tutte le potenze del mondo sotterraneo, la squarta in due parti e con esse forma la volta celeste e la terra. La creazione, in questi miti mesopotamici, è dunque una grande lotta tra opposte forze della natura. Da queste immani lotte nascono il mondo e l’uomo, così come dalla guerra nasce il potere dei popoli che dominano la Mesopotamia.
Dalla cultura mesopotamica abbiamo ricevuto anche l’epopea di Gilgamesh. Egli è un eroe che viaggia per tutta la terra e percorre gli abissi alla ricerca dell’erba della vita che sola può salvare dalla morte. Nelle isole dei beati egli incontra un suo antenato che ha conseguito l’immortalità e gli riferisce la storia del diluvio universale dal quale è riuscito a salvarsi per mezzo di un’arca, contenente anche gli animali. Gilgamesh riesce a cogliere l’erba della vita, ma subito un serpente gliela ruba. Così egli capisce che la vita eterna spetta solo agli dei: la vita umana è dominata dal destino della morte.
Siria e Fenicia. In queste terre non vi fu mai un grande impero unitario e perciò non vi sono i fenomeni, precedentemente ricordati, relativi alla divinizzazione dei re. Gli dei qui corrispondono agli elementi e alle grandi forze della natura e sono protettori dei singoli popoli. Un aspetto caratteristico della religione siro-fenicia è il modo di concepire e celebrare il sacrificio. Tra questi rientravano i sacrifici umani, di cui un esempio è costituito da Abramo. Un altro aspetto importante sono i riti di culto celebrati all’aperto, specialmente le feste della luna piena. La festa del plenilunio di primavera, la Pasqua, sarà dagli Ebrei trasformata nella loro festa nazionale, con dei contenuti e dei significati diversi. Questa festa (plenilunio) è importante anche per un altro motivo: i popoli della Siria erano popoli nomadi e dediti alla pastorizia, e perciò la loro religione risente della diversa condizione economica rispetto ai popoli sedentari, che già all’inizio del III millennio a.C. conoscevano l’agricoltura e avevano residenze fisse. Chiaramente i popoli nomadi, non avendo sedi fisse, non hanno lasciato segni rintracciabili nella loro cultura.
Siria e Fenicia. In queste terre non vi fu mai un grande impero unitario e perciò non vi sono i fenomeni, precedentemente ricordati, relativi alla divinizzazione dei re. Gli dei qui corrispondono agli elementi e alle grandi forze della natura e sono protettori dei singoli popoli. Un aspetto caratteristico della religione siro-fenicia è il modo di concepire e celebrare il sacrificio. Tra questi rientravano i sacrifici umani, di cui un esempio è costituito da Abramo. Un altro aspetto importante sono i riti di culto celebrati all’aperto, specialmente le feste della luna piena. La festa del plenilunio di primavera, la Pasqua, sarà dagli Ebrei trasformata nella loro festa nazionale, con dei contenuti e dei significati diversi. Questa festa (plenilunio) è importante anche per un altro motivo: i popoli della Siria erano popoli nomadi e dediti alla pastorizia, e perciò la loro religione risente della diversa condizione economica rispetto ai popoli sedentari, che già all’inizio del III millennio a.C. conoscevano l’agricoltura e avevano residenze fisse. Chiaramente i popoli nomadi, non avendo sedi fisse, non hanno lasciato segni rintracciabili nella loro cultura.
La religione cananea
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Quello di religione cananea è il nome dato per il gruppo di antiche religioni semitiche praticate dai Cananei che vissero nell'antico Levante da almeno agli inizi dell'età del bronzo e fino ai primi secoli dell'età volgare.
La religione cananea seguiva il politeismo ed era in alcuni casi monolatrica.
Indice CredenzeDivinitàUn gran numero di divinità erano venerate dai seguaci della religione cananea; tra le più importanti e seguite vi erano
CosmologiaNessuna delle tavolette incise rinvenute nel 1929 nella città cananea di Ugarit (distrutta all'incirca nel 1200 a.C.) ha rivelato l'esistenza di una qualche cosmologia religiosa. Qualsiasi idea su ciò è stata spesso ricostruita a partire dai numerosi testi fenici successivi opera di Filone di Biblo (64-141), il quale subì molta dell'influenza greco-romana presente allora in tutta la regione.
Ad Ugarit sarebbe stato conosciuto un pantheon denominato 'ilhm (corrispondente ad Elohim), i figli di El; questa conoscenza è presumibilmente ottenuta da Filone tramite Sanchuniathon di Berythus (Beirut).
Il creatore veniva riconosciuto con nome di Elion, che era anche il padre di tutte le successive divinità, mentre nelle fonti greche era sposato con Beruth, la dea protettrice della città di Beirut. Questo matrimonio della principale divinità con la città sembrerebbe avere dei paralleli biblici anche attraverso le storie tra Melqart e Tiro, Chemosh e Moab, Tanit e Ba'al Hammon con Cartagine.
Dall'unione di El Elyon con la sua consorte sono nati il cielo e la terra, Urano e Gea per i Greci.
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Quello di religione cananea è il nome dato per il gruppo di antiche religioni semitiche praticate dai Cananei che vissero nell'antico Levante da almeno agli inizi dell'età del bronzo e fino ai primi secoli dell'età volgare.
La religione cananea seguiva il politeismo ed era in alcuni casi monolatrica.
Indice CredenzeDivinitàUn gran numero di divinità erano venerate dai seguaci della religione cananea; tra le più importanti e seguite vi erano
- Anat, dea vergine delle guerre e dei conflitti, sorella e compagna putativa di Baal-Hadad
- Athirat, "camminatrice del mare", Dea Madre moglie di El (divinità) (nota anche come Elat e dopo l'Età del Bronzo come Asherah)
- Athtart, meglio conosciuta con il suo nome greco di Astarte, è colei che assiste Anat nel racconto del mito di Baal
- Attar (divinità), dio della stella del mattino (o "figlio del mattino"), che ha cercato di prendere il posto di Baal sceso agli inferi ma non vi è riuscito. Controparte maschile di Athtart.
- Baalat o Baalit, la moglie o controparte femminile di Baal (associata alla sumera Belili)
- Baal-Hadad (letteralmente "padrone del tuono"), dio della tempesta. Spesso definito come Baalshamin.
- Baal Hammon, dio della fertilità e rinnovatore di tutte le energie nelle colonie dei fenici lungo il Mediterraneo occidentale
- Dagon, dio della fertilità delle colture e del grano, padre di Baal Hadad
- El Elyon (letteralmente "Dio Altissimo") e El; anche traslitterato come Ilu
- Eshmun, dio o, come Baalat-Asclepio, dea della guarigione
- Ishat, dea del fuoco. Lei è stata uccisa da Anat[1][2][3].
- Kotharat, gruppo di dee del matrimonio e della gravidanza
- Kothar-wa-Khasis, l'esperto, il dio dell'artigianato
- Lotan, un essere serpentino dalle sette teste alleato di Yam
- Marqod, dio della Danza
- Melqart, Signore della città, del mondo sotterraneo e del ciclo vegetativo a Tiro
- Moloch (divinità) o Molech, il dio putativo del fuoco[4].
- Mot (divinità) o Mawat, dio della morte (non viene adorato e non gli vengono date offerte)
- Nikkal-wa-Ib, dea dei frutteti e della frutta
- Qadesh o Qadeshtu, l'illuminata o "Santa", la dea dell'amore putativo.
- Resheph, dio della peste e della guarigione
- Shahar/Shachar e Shalim, doppie divinità dell'alba e del tramonto, rispettivamente. Shalim era legato agli inferi attraverso la stella della sera e associato con la pace[5].
- Shamayim, (letteralmente "celeste") il dio della volta celeste
- Shapash, traslitterato anche come Shapshu, la dea del sole; a volte identificato con il dio del sole mesopotamico Šamaš/Shemesh[6] il cui genere è contestato[7]
- Sydyk, il dio della giustizia o dei giusti diritti, a volte gemellata con Misor, e legata al pianeta Giove[8][9].
- Yahweh-Signore, il dio delle tempeste e il leader degli eserciti di Baal in cielo. Vedi anche Chemosh[10].
- Yam (letteralmente "marittimo-fluviale") il dio del mare e dei fiumi, [11] anche chiamato Giudice Nahar (giudice del fiume)[11][12][13].
- Yarikh, dio della luna e marito di Nikkal
CosmologiaNessuna delle tavolette incise rinvenute nel 1929 nella città cananea di Ugarit (distrutta all'incirca nel 1200 a.C.) ha rivelato l'esistenza di una qualche cosmologia religiosa. Qualsiasi idea su ciò è stata spesso ricostruita a partire dai numerosi testi fenici successivi opera di Filone di Biblo (64-141), il quale subì molta dell'influenza greco-romana presente allora in tutta la regione.
Ad Ugarit sarebbe stato conosciuto un pantheon denominato 'ilhm (corrispondente ad Elohim), i figli di El; questa conoscenza è presumibilmente ottenuta da Filone tramite Sanchuniathon di Berythus (Beirut).
Il creatore veniva riconosciuto con nome di Elion, che era anche il padre di tutte le successive divinità, mentre nelle fonti greche era sposato con Beruth, la dea protettrice della città di Beirut. Questo matrimonio della principale divinità con la città sembrerebbe avere dei paralleli biblici anche attraverso le storie tra Melqart e Tiro, Chemosh e Moab, Tanit e Ba'al Hammon con Cartagine.
Dall'unione di El Elyon con la sua consorte sono nati il cielo e la terra, Urano e Gea per i Greci.
Mitologia
Nelle storie del ciclo di Baal il grande dio Baal-Hadad viene sfidato da Yam e riesce a sconfiggerlo, ciò utilizzando due potenti armi magiche prodotte appositamente per lui da Kothar-wa-Khasis. In seguito, appoggiato e con l'aiuto di Athirat e Anat, Baal persuade El di permettergli di costruirsi un palazzo: El approva e il palazzo viene innalzato da Kothar-wa-Khasis.
In seguito Baal sfida Mot, signore dei morti e questi, giunto al suo cospetto se lo ingoia trascinandoselo dietro nel profondo degli inferi. Non essendovi quindi più nessuno a portare la pioggia sulla Terra, inizia una terribile siccità; l'assenza di Baal comincia a farsi sentire e le altre divinità, in special modo El e Anat, rimangono sconvolte apprendendo che Baal è disceso agli inferi. Anat allora discende anch'ella nel mondo dei morti ed attacca Mot con una grande ascia riuscendo a farlo a pezzi, disperdendone poi i resti in lungo e in largo.
Con Mot sconfitto, Baal è in grado di restituire la pioggia al mondo che ne abbisogna e fertilizzare tutto il terreno.
Nelle storie del ciclo di Baal il grande dio Baal-Hadad viene sfidato da Yam e riesce a sconfiggerlo, ciò utilizzando due potenti armi magiche prodotte appositamente per lui da Kothar-wa-Khasis. In seguito, appoggiato e con l'aiuto di Athirat e Anat, Baal persuade El di permettergli di costruirsi un palazzo: El approva e il palazzo viene innalzato da Kothar-wa-Khasis.
In seguito Baal sfida Mot, signore dei morti e questi, giunto al suo cospetto se lo ingoia trascinandoselo dietro nel profondo degli inferi. Non essendovi quindi più nessuno a portare la pioggia sulla Terra, inizia una terribile siccità; l'assenza di Baal comincia a farsi sentire e le altre divinità, in special modo El e Anat, rimangono sconvolte apprendendo che Baal è disceso agli inferi. Anat allora discende anch'ella nel mondo dei morti ed attacca Mot con una grande ascia riuscendo a farlo a pezzi, disperdendone poi i resti in lungo e in largo.
Con Mot sconfitto, Baal è in grado di restituire la pioggia al mondo che ne abbisogna e fertilizzare tutto il terreno.
Persia. Nel secolo VIII, i Medi e i Persiani elaborarono una religione assai diversa dagli altri popoli dell’antico Oriente. Un uomo, Zarathustra, diffuse attraverso la sua predicazione una forma di religione assai meno legata alla materialità della natura e alla magicità dei riti. Zarathustra concepì un solo dio, Ahura-Mazda, cui contrappose lo spirito del male, Ahriman, circondato da demoni malefici. L’universo diventa così il teatro della lotta tra il dio del bene e lo spirito del male. L’uomo non è più chiamato a vivere la religiosità attraverso i sacrifici o i riti magici, bensì attraverso l’impegno morale: è chiamato a scegliere tra il bene e il male. Chi si sarà schierato dalla parte del bene sarà premiato dal dio Ahura-Mazda, chi si sarà messo dalla parte del male verrà punito. La dottrina di Zarathustra fu raccolta in un libro sacro, l’Avesta. Più tardi, quando i Persiani formarono un grande impero, essi accolsero nel loro pantheon le divinità dei popoli conquistati e poterono così “idealmente” assicurare la pace religiosa e politica dell’antico Medio Oriente. Questa mescolanza di varie religioni tuttavia portò ad un impoverimento delle intuizioni religiose originarie di Zarathustra.
Tratto da: http://www.storiaromanaebizantina.it/i-principali-caratteri-delle-religioni-del-vicino-oriente-antico-e-i-loro-miti/
Tratto da: http://www.storiaromanaebizantina.it/i-principali-caratteri-delle-religioni-del-vicino-oriente-antico-e-i-loro-miti/
Religione ittita
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
« E' purtroppo vero che l'uomo è peccatore. Mio padre ha peccato (...) Io però non ho peccato in nulla. Tuttavia è così il peccato del padre viene al figlio (...) Ora che ho confessato. È vero noi abbiamo fatto questo (...) E poiché ho confessato il peccato di mio padre l'animo del dio della Tempesta e gli Dèi siano placati. Pietà di me! Scacciate la peste dalla terra di Hatti »
(Preghiera del re Muršiliš II agli Dèi in occasione della peste)
Gli Ittiti furono un popolo indoeuropeo che fondò nel XVII secolo a.C. un'organizzata forma statale in Asia Minore. Questo popolo venerava, come divinità suprema, la dea del sole Wurušemu. Tra le altre divinità, gli Ittiti veneravano: Teshub, dio del tuono; Telipinu dio dei boschi e della pioggia; Kumarbi, padre di tutti gli dèi. Il re degli Ittiti svolgeva anche la funzione di sommo sacerdote e presiedeva i culti, questi praticati sia in luoghi chiusi che in luoghi aperti. Gli scavi archeologici effettuati in Turchia, nei pressi dell'attuale città di Bogazköi, hanno portato alla luce l'antica capitale ittita Ḫattuša con i suoi templi e l'archivio di stato composto da ventimila tavole in terracotta scritte in cuneiforme e riportanti notizie di carattere sia storico che religioso. In ittita il termine šaklai indica sia una abitudine "profana", sia un rito "sacro". Nella stessa lingua il termine "sacro" è reso anche con šuppi, che indica ciò che appartiene al "divino" (reso in ittito con il termine Šiu che richiama la radice indoeuropea Dyu e che significa "luce bianca ed accecante"). Le pratiche rituali di purificazione per rendere šuppi un oggetto o una persona sono indicate con il termine parkui. René Lebrun evidenzia come per gli Ittiti la nozione di sacro e di "sacralizzato" sia connesso al concetto di purità inteso come pulizia ovvero di parkui. Solo se un oggetto o una persona sono in quello stato, il "sacro" ( šuppi) e il "divino" (Šiu) possono manifestarsi nel mondo degli uomini. Oltre alla estrema pulizia, la presenza degli uomini nei luoghi resi sacri deve essere impeccabile in termini di condotta e linguaggio. Unitamente ai templi principali (eretti sulle rocche) si situano negli spazi aperti, i betili consistenti in pietre o in abitacoli per questi riti eseguiti anche negli accampamenti degli eserciti. Le statue delle divinità erano "sacralizzate" in quanto luogo dell'anima (zi) degli Dèi.
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« E' purtroppo vero che l'uomo è peccatore. Mio padre ha peccato (...) Io però non ho peccato in nulla. Tuttavia è così il peccato del padre viene al figlio (...) Ora che ho confessato. È vero noi abbiamo fatto questo (...) E poiché ho confessato il peccato di mio padre l'animo del dio della Tempesta e gli Dèi siano placati. Pietà di me! Scacciate la peste dalla terra di Hatti »
(Preghiera del re Muršiliš II agli Dèi in occasione della peste)
Gli Ittiti furono un popolo indoeuropeo che fondò nel XVII secolo a.C. un'organizzata forma statale in Asia Minore. Questo popolo venerava, come divinità suprema, la dea del sole Wurušemu. Tra le altre divinità, gli Ittiti veneravano: Teshub, dio del tuono; Telipinu dio dei boschi e della pioggia; Kumarbi, padre di tutti gli dèi. Il re degli Ittiti svolgeva anche la funzione di sommo sacerdote e presiedeva i culti, questi praticati sia in luoghi chiusi che in luoghi aperti. Gli scavi archeologici effettuati in Turchia, nei pressi dell'attuale città di Bogazköi, hanno portato alla luce l'antica capitale ittita Ḫattuša con i suoi templi e l'archivio di stato composto da ventimila tavole in terracotta scritte in cuneiforme e riportanti notizie di carattere sia storico che religioso. In ittita il termine šaklai indica sia una abitudine "profana", sia un rito "sacro". Nella stessa lingua il termine "sacro" è reso anche con šuppi, che indica ciò che appartiene al "divino" (reso in ittito con il termine Šiu che richiama la radice indoeuropea Dyu e che significa "luce bianca ed accecante"). Le pratiche rituali di purificazione per rendere šuppi un oggetto o una persona sono indicate con il termine parkui. René Lebrun evidenzia come per gli Ittiti la nozione di sacro e di "sacralizzato" sia connesso al concetto di purità inteso come pulizia ovvero di parkui. Solo se un oggetto o una persona sono in quello stato, il "sacro" ( šuppi) e il "divino" (Šiu) possono manifestarsi nel mondo degli uomini. Oltre alla estrema pulizia, la presenza degli uomini nei luoghi resi sacri deve essere impeccabile in termini di condotta e linguaggio. Unitamente ai templi principali (eretti sulle rocche) si situano negli spazi aperti, i betili consistenti in pietre o in abitacoli per questi riti eseguiti anche negli accampamenti degli eserciti. Le statue delle divinità erano "sacralizzate" in quanto luogo dell'anima (zi) degli Dèi.
Hurriti
Gli Urriti, Hurriti, Khurriti o Hurri detti anche Orrei, furono una popolazione insediata a nord della Mesopotamia durante l'Età del Bronzo. Vi sono notizie che al tempo dell'Impero accadico gli Hurriti vivessero sul bordo settentrionale della Mesopotamia e nella valle del fiume Khabur. Sono menzionati in testi privati di Nuzi, di Ugarit e negli archivi ittiti di Hattusha (Boğazköy).
Gli Urriti, Hurriti, Khurriti o Hurri detti anche Orrei, furono una popolazione insediata a nord della Mesopotamia durante l'Età del Bronzo. Vi sono notizie che al tempo dell'Impero accadico gli Hurriti vivessero sul bordo settentrionale della Mesopotamia e nella valle del fiume Khabur. Sono menzionati in testi privati di Nuzi, di Ugarit e negli archivi ittiti di Hattusha (Boğazköy).
Religione Hurrita
La cultura hurrita ebbe grande influenza sulla religione ittita. Dal centro cultuale hurrita di Kummanni nel Kizzuwatna la religione hurrita si diffuse presso gli Ittiti. Ne derivò un sincretismo religioso fra la antica religione ittita e quella hurrita. La religione hurrita si diffuse anche in Siria, dove Baal divenne l'equivalente di Teshub. Anche nel più tardo regno di Urartu, fiorito nella prima metà del I millennio a.C., erano venerate divinità di origine hurrita. La religione hurrita, in forme diverse, influenzò l'intero Vicino Oriente Antico, eccetto l'Antico Egitto e la Mesopotamia meridionale.
I principali dei del pantheon hurrita erano:
Le divinità hurrite non sembrano aver avuto particolari santuari dove il dio "risiedeva", come invece nella religione babilonese o in quella egizia. I più importanti centri di culto erano Kummanni, capitale del regno di Kizzuwatna, dove si trovava un importante tempio di Tešub, e l'ittita Yazilikaya. Harran fu, almeno più tardi, un centro di culto della dea lunare, mentre Šauskha aveva un tempio importante a Ninive, quando la città fu sotto dominio hurrita. Un tempio di Nergal fu costruito ad Urkeš già nel III millennio a.C.. La città di Kahat, infine, era il centro religioso del regno di Mitanni.
Il poema hurrita Il canto di Ullikummi, conservatoci dagli Ittiti, presenta analogie con la Teogonia di Esiodo; la castrazione di Urano da parte di Crono può essere derivata dalla castrazione di Anu da parte di Kumarbi, mentre il mito di Zeus che prende il posto di Crono ed il rigurgito da parte di quest'ultimo degli dei deglutiti ricorda il mito hurrita di Tešub e Kumarbi. È stato anche ipotizzato che il culto di Atti derivi da un mito hurrita: la dea frigia Cibele sarebbe allora l'equivalente della hurrita Hebat.
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La cultura hurrita ebbe grande influenza sulla religione ittita. Dal centro cultuale hurrita di Kummanni nel Kizzuwatna la religione hurrita si diffuse presso gli Ittiti. Ne derivò un sincretismo religioso fra la antica religione ittita e quella hurrita. La religione hurrita si diffuse anche in Siria, dove Baal divenne l'equivalente di Teshub. Anche nel più tardo regno di Urartu, fiorito nella prima metà del I millennio a.C., erano venerate divinità di origine hurrita. La religione hurrita, in forme diverse, influenzò l'intero Vicino Oriente Antico, eccetto l'Antico Egitto e la Mesopotamia meridionale.
I principali dei del pantheon hurrita erano:
- Teshub, Tešup; il potente dio del cielo e della tempesta.
- Hebat, Hepa; sua moglie, dea madre, considerata la dea del sole dagli Ittiti. Derivava dalla dea sumera Kubau, chiamata Hawwah dagli Aramei e da altri popoli semitici, la biblica חוה, Eva.
- Sarruma, Šarruma; loro figlio.
- Kumarbi; l'antico padre di Teshub; la sua casa secondo il mito è la città di Urkesh.
- Shaushka, o Shawushka, Šauska; era l'equivalente hurrita della mesopotamica Ishtar, la dea della fertilità, della guerra e della medicina.
- Shimegi, Šimegi; il dio sole.
- Kushuh, Kušuh; la dea luna. Le raffigurazioni del sole e della luna appaiono abbinate nella iconografia hurrita.
- Nergal; il dio babilonese dell'oltretomba, di cui è sconosciuto il nome dell'equivalente hurrita.
- Ea; divinità anch'essa di origine babilonese, può aver influenzato il cananeo El, ed anche ים Yam, dio del mare e dei fiumi.
Le divinità hurrite non sembrano aver avuto particolari santuari dove il dio "risiedeva", come invece nella religione babilonese o in quella egizia. I più importanti centri di culto erano Kummanni, capitale del regno di Kizzuwatna, dove si trovava un importante tempio di Tešub, e l'ittita Yazilikaya. Harran fu, almeno più tardi, un centro di culto della dea lunare, mentre Šauskha aveva un tempio importante a Ninive, quando la città fu sotto dominio hurrita. Un tempio di Nergal fu costruito ad Urkeš già nel III millennio a.C.. La città di Kahat, infine, era il centro religioso del regno di Mitanni.
Il poema hurrita Il canto di Ullikummi, conservatoci dagli Ittiti, presenta analogie con la Teogonia di Esiodo; la castrazione di Urano da parte di Crono può essere derivata dalla castrazione di Anu da parte di Kumarbi, mentre il mito di Zeus che prende il posto di Crono ed il rigurgito da parte di quest'ultimo degli dei deglutiti ricorda il mito hurrita di Tešub e Kumarbi. È stato anche ipotizzato che il culto di Atti derivi da un mito hurrita: la dea frigia Cibele sarebbe allora l'equivalente della hurrita Hebat.
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Madianiti
Nella Bibbia, Madian (Ebraico: מִדְיָן, Standard Midyan Tiberiense Miḏyān; Arabo مدين; "Conflitto; Giudizio") è un figlio di Abramo e della sua concubina Chetura (che, secondo il midrash, è Agar).
I suoi discendenti, i Madianiti, colonizzarono il territorio a est del Giordano e anche gran parte dell'area a est del Mar Morto in seguito occupata dagli Ammoniti, dai Moabiti e dagli Edomiti, e verso sud occuparono parte del selvaggio e disabitato deserto d'Arabia. Durante il periodo dell'Esodo il loro territorio includeva anche porzioni della penisola del Sinai. Nel X secolo a.C. dominavano questo territorio per circa un dodicesimo della sua estensione.
Nella Bibbia, Madian fu il luogo dove Mosè trascorse i 40 anni tra il momento in cui lasciò l'Egitto dopo aver ucciso un egiziano che stava picchiando un ebreo e il suo ritorno per condurre alla Terra promessa gli Israeliti. Durante questi anni sposò Sefora, figlia di Ietro, sacerdote di Madian. Esodo 3:1 afferma che l'apparizione di Dio nel cespuglio ardente sull'Horeb (altro nome del monte Sinai) sia accaduta a Madian. Come afferma la Bibbia, negli ultimi anni i Madianiti furono spesso oppressivi e ostili nei confronti degli Israeliti, in parte come punizione divina per la loro idolatria.
Oggi l'originario territorio di Madian è diviso tra l'ovest dell'Arabia Saudita, il sud della Giordania, il sud di Israele e il Sinai.
I Madianiti sono stati ricollegati, da alcuni ricercatori, agli Hyksos, popoli semiti seminomadi originari della penisola del Sinai che controllarono buona parte dell'Egitto durante il secondo periodo intermedio. Secondo altri potrebbero essere identificati (o coincidere in parte) con un popolo chiamato Shasu nelle iscrizioni egizie.
Religione Madianita
Nella Bibbia i Madianiti sono descritti come seguaci di una moltitudine di dèi, inclusi Baal-peor e Asherah. Un tempio egizio dedicato ad Hathor a Timna continuò ad essere usato durante l'occupazione madianita del luogo, ma non è chiaro se Hathor e le altre divinità fossero oggetto di devozione durante questo periodo.
I Madianiti sembrano inoltre essere connessi al sito di culto del monte Sinai. Questo ha portato alcuni ricercatori ad ipotizzare che il culto di YHWH possa aver avuto origine fra essi, per essere in seguito adottato dagli Israeliti. Un'iscrizione egiziana si riferisce a "Yhw nella terra di Shasu", tribù quindi o persone che vivevano in quello che successivamente sarebbe stato il territorio madianita.
Secondo la Bibbia i Madianiti, così come gli Israeliti, praticavano la circoncisione.
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Nella Bibbia, Madian (Ebraico: מִדְיָן, Standard Midyan Tiberiense Miḏyān; Arabo مدين; "Conflitto; Giudizio") è un figlio di Abramo e della sua concubina Chetura (che, secondo il midrash, è Agar).
I suoi discendenti, i Madianiti, colonizzarono il territorio a est del Giordano e anche gran parte dell'area a est del Mar Morto in seguito occupata dagli Ammoniti, dai Moabiti e dagli Edomiti, e verso sud occuparono parte del selvaggio e disabitato deserto d'Arabia. Durante il periodo dell'Esodo il loro territorio includeva anche porzioni della penisola del Sinai. Nel X secolo a.C. dominavano questo territorio per circa un dodicesimo della sua estensione.
Nella Bibbia, Madian fu il luogo dove Mosè trascorse i 40 anni tra il momento in cui lasciò l'Egitto dopo aver ucciso un egiziano che stava picchiando un ebreo e il suo ritorno per condurre alla Terra promessa gli Israeliti. Durante questi anni sposò Sefora, figlia di Ietro, sacerdote di Madian. Esodo 3:1 afferma che l'apparizione di Dio nel cespuglio ardente sull'Horeb (altro nome del monte Sinai) sia accaduta a Madian. Come afferma la Bibbia, negli ultimi anni i Madianiti furono spesso oppressivi e ostili nei confronti degli Israeliti, in parte come punizione divina per la loro idolatria.
Oggi l'originario territorio di Madian è diviso tra l'ovest dell'Arabia Saudita, il sud della Giordania, il sud di Israele e il Sinai.
- L'antico e storico popolo di Madian è menzionato anche nel Corano, dove compare col nome arabo Madyan.
- La moschea e la tomba del profeta Shu'ayb (V sec. d.C. cfr. Sura XI, 95), sono situate presso la città giordana di Mahis, in un'area chiamata Wādī Shuʿay
I Madianiti sono stati ricollegati, da alcuni ricercatori, agli Hyksos, popoli semiti seminomadi originari della penisola del Sinai che controllarono buona parte dell'Egitto durante il secondo periodo intermedio. Secondo altri potrebbero essere identificati (o coincidere in parte) con un popolo chiamato Shasu nelle iscrizioni egizie.
Religione Madianita
Nella Bibbia i Madianiti sono descritti come seguaci di una moltitudine di dèi, inclusi Baal-peor e Asherah. Un tempio egizio dedicato ad Hathor a Timna continuò ad essere usato durante l'occupazione madianita del luogo, ma non è chiaro se Hathor e le altre divinità fossero oggetto di devozione durante questo periodo.
I Madianiti sembrano inoltre essere connessi al sito di culto del monte Sinai. Questo ha portato alcuni ricercatori ad ipotizzare che il culto di YHWH possa aver avuto origine fra essi, per essere in seguito adottato dagli Israeliti. Un'iscrizione egiziana si riferisce a "Yhw nella terra di Shasu", tribù quindi o persone che vivevano in quello che successivamente sarebbe stato il territorio madianita.
Secondo la Bibbia i Madianiti, così come gli Israeliti, praticavano la circoncisione.
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Amorrei
Gli Amorrei (o Amorriti: in ebraico אמורים, ’emōrîm o 'aemōrī, in egiziano Amar, in accadico Tidnum o amurrū(m), che corrisponde al sumero MAR.TU, immar.tu o Martu) erano un'antica popolazione di nomadi semitici occidentali, che abitavano da pastori le steppe e che si imposero progressivamente, a partire dalla fine del III millennio a.C., in Levante (dopo il crollo del Regno di Ebla) e successivamente in Mesopotamia (dopo il crollo della Terza dinastia di Ur, o "Ur III", rispetto alla quale gli Amorrei ebbero un ruolo fondamentale).
La città di Babilonia fu una fondazione amorrea e amorrea fu la Prima dinastia di Babilonia.
Religione e lingua
Gli Amorrei sembrano aver adorato la divinità della Luna, Sin, e Amurru. Dopo l'ascesa al potere, abbracciarono il culto degli dèi sumeri, così come furono copiati, tradotti o adattati con poche e irrilevanti modifiche i più vecchi racconti epici sumeri.
Gli Amorrei conosciuti (soprattutto quelli di Mari) scrissero in un dialetto accadico trovato in tavolette databili tra il 1800 e il 1750 a.C. che mostrano molte forme e numerosi costrutti del semitico nord-occidentale. È probabile che la loro lingua originale fosse il dialetto semitico nord-occidentale. Le fonti principali per le limitate conoscenze che si hanno su questa lingua sono i nomi propri, non in stile accadico, conservati in alcuni testi, molti dei quali sono simili ai successivi nomi ebraici presenti nella Bibbia.
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Gli Amorrei (o Amorriti: in ebraico אמורים, ’emōrîm o 'aemōrī, in egiziano Amar, in accadico Tidnum o amurrū(m), che corrisponde al sumero MAR.TU, immar.tu o Martu) erano un'antica popolazione di nomadi semitici occidentali, che abitavano da pastori le steppe e che si imposero progressivamente, a partire dalla fine del III millennio a.C., in Levante (dopo il crollo del Regno di Ebla) e successivamente in Mesopotamia (dopo il crollo della Terza dinastia di Ur, o "Ur III", rispetto alla quale gli Amorrei ebbero un ruolo fondamentale).
La città di Babilonia fu una fondazione amorrea e amorrea fu la Prima dinastia di Babilonia.
Religione e lingua
Gli Amorrei sembrano aver adorato la divinità della Luna, Sin, e Amurru. Dopo l'ascesa al potere, abbracciarono il culto degli dèi sumeri, così come furono copiati, tradotti o adattati con poche e irrilevanti modifiche i più vecchi racconti epici sumeri.
Gli Amorrei conosciuti (soprattutto quelli di Mari) scrissero in un dialetto accadico trovato in tavolette databili tra il 1800 e il 1750 a.C. che mostrano molte forme e numerosi costrutti del semitico nord-occidentale. È probabile che la loro lingua originale fosse il dialetto semitico nord-occidentale. Le fonti principali per le limitate conoscenze che si hanno su questa lingua sono i nomi propri, non in stile accadico, conservati in alcuni testi, molti dei quali sono simili ai successivi nomi ebraici presenti nella Bibbia.
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Edomiti
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Idumèa (ebraico: אֱדוֹם, Edom, ʾĔḏôm, cioè "rosso") è uno dei nomi dati a Esaù (o Edom) nella Bibbia e, di conseguenza, alla nazione che sarebbe discesa da lui, quindi terra di Edom. L'etnonimo, in lingua assira, era Udumi; in siriaco ܐܕܘܡ; in greco, Ἰδουμαία (Idoumaía); in latino Idumaea, o Idumea.
Il popolo edomita parlava una lingua semitica e costituiva un gruppo a struttura tribale che abitava il deserto del Negev e il Wadi Araba, che si estende a sud di Israele e alla confinante Giordania. La regione presenta vaste estensioni di terreno ricoperte da pietre rossastre, che possono aver dato il nome "Edom" all'area. La nazione di Edom è nota fin dall'VIII-IX secolo a.C., e la Bibbia la ricorda come insediato nelle terre che occupava già da molti secoli. Recenti scoperte archeologiche sono in grado di mostrare una nazione edomita almeno nell'XI secolo a.C., ma la questione rimane discussa. Tale nazione cessò d'esistere nel periodo delle Guerre giudaiche di Roma.
Religione edomita
La natura della religione edomita resta ampiamente ignota. Come parte della cultura cananea, si ipotizza adorassero divinità quali El, Baal e Asherah. Gli Edomiti potrebbero aver avuto come loro dio nazionale Kaus o Qos.
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Idumèa (ebraico: אֱדוֹם, Edom, ʾĔḏôm, cioè "rosso") è uno dei nomi dati a Esaù (o Edom) nella Bibbia e, di conseguenza, alla nazione che sarebbe discesa da lui, quindi terra di Edom. L'etnonimo, in lingua assira, era Udumi; in siriaco ܐܕܘܡ; in greco, Ἰδουμαία (Idoumaía); in latino Idumaea, o Idumea.
Il popolo edomita parlava una lingua semitica e costituiva un gruppo a struttura tribale che abitava il deserto del Negev e il Wadi Araba, che si estende a sud di Israele e alla confinante Giordania. La regione presenta vaste estensioni di terreno ricoperte da pietre rossastre, che possono aver dato il nome "Edom" all'area. La nazione di Edom è nota fin dall'VIII-IX secolo a.C., e la Bibbia la ricorda come insediato nelle terre che occupava già da molti secoli. Recenti scoperte archeologiche sono in grado di mostrare una nazione edomita almeno nell'XI secolo a.C., ma la questione rimane discussa. Tale nazione cessò d'esistere nel periodo delle Guerre giudaiche di Roma.
Religione edomita
La natura della religione edomita resta ampiamente ignota. Come parte della cultura cananea, si ipotizza adorassero divinità quali El, Baal e Asherah. Gli Edomiti potrebbero aver avuto come loro dio nazionale Kaus o Qos.
Moabiti
I Moabiti furono un'antica popolazione semitica che viveva lungo le rive orientali del Mar Morto, più precisamente nell'altopiano di Kerak, nella regione montuosa chiamata Moab. La loro esistenza storica è accertata da numerosi ritrovamenti archeologici.
religione Moabita
Kemosh, il Dio irato
Opera notevole per la quantità di informazioni storiche ed archeologiche, è la cosiddetta iscrizione di Mesha, che racconta le vittorie dei Moabiti, dedicate al dio Chemosh; inoltre sarebbe citato anche il Dio degli Ebrei, trattandosi così della prima menzione extrabiblica della divinità ebraica. Il dio Kemosh viene descritto come bellicoso (tanto che alcuni secoli dopo verrà assimilato al dio greco Ares). Nell'Antico Testamento (2Re 3,27) viene riferito che il re Mesha compì un sacrificio umano, gettando il proprio figlio dalle mura.
I Moabiti furono un'antica popolazione semitica che viveva lungo le rive orientali del Mar Morto, più precisamente nell'altopiano di Kerak, nella regione montuosa chiamata Moab. La loro esistenza storica è accertata da numerosi ritrovamenti archeologici.
religione Moabita
Kemosh, il Dio irato
Opera notevole per la quantità di informazioni storiche ed archeologiche, è la cosiddetta iscrizione di Mesha, che racconta le vittorie dei Moabiti, dedicate al dio Chemosh; inoltre sarebbe citato anche il Dio degli Ebrei, trattandosi così della prima menzione extrabiblica della divinità ebraica. Il dio Kemosh viene descritto come bellicoso (tanto che alcuni secoli dopo verrà assimilato al dio greco Ares). Nell'Antico Testamento (2Re 3,27) viene riferito che il re Mesha compì un sacrificio umano, gettando il proprio figlio dalle mura.
Ammoniti
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Gli Ammoniti furono un'antica popolazione di origine amorrea, che viveva lungo le rive orientali del medio Giordano, dove si stabilirono durante l'età del Ferro. Loro capitale era la città di Rabbat Ammon, oggi Amman, in Giordania; fu un importante snodo per le carovane ed un notevole centro commerciale.
Secondo la Genesi (19,30-38) gli Ammoniti (letteralmente "figli di Ammon") discendevano da Ammon (forse lo stesso Amon egiziano), figlio di Lot e fratello di Moab, capostipite dei Moabiti. Dopo aver conquistato i territori in cui si insediarono, si allearono con i Moabiti per combattere insieme contro gli Israeliti, venendo però sconfitti sia da Saul che da Davide. In seguito vennero conquistati - insieme ai territori limitrofi - dalle varie dinastie dominanti babilonesi, assire, poi da Persiani e Romani.
Religione Ammonita
Gli Ammoniti rispettavano una religione politeista che vedeva protagonista il dio Milkom, poco conosciuto dal punto di vista archeologico.Milkom è la principale divinità della religione degli Ammoniti, una delle tribù principali della Palestina. Con ogni probabilità la sua paredra era la dea Astarte. In molti ricollegano la sua figura a quella fenicia di Melqart e quella greca di Eracle.
Il suo culto è particolarmente diffuso, tanto da essere citato anche nell'Antico Testamento, in quanto il re Salomone gli dedicò una cappella votiva sul Monte degli Ulivi, distrutta tempo dopo a causa della riforma di Giosia che vietò culti estranei in Israele.
Forse dedicato a questa divinità, è stato ritrovato un edificio cultuale del XIII secolo a.C., con una pianta a forma quadrata priva di tetto. Negli ambienti, sette per la precisione, sono stati ritrovati un altare con alcuni resti di ossa e molte armi. Benché siano state avanzate ipotesi a proposito di sacrifici umani, si ritiene che il luogo fosse quello ripreso dal Libri di Samuele (21,1-14) a proposito della strage dei figli di Saul da parte degli abitanti di Gibeon.
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Gli Ammoniti furono un'antica popolazione di origine amorrea, che viveva lungo le rive orientali del medio Giordano, dove si stabilirono durante l'età del Ferro. Loro capitale era la città di Rabbat Ammon, oggi Amman, in Giordania; fu un importante snodo per le carovane ed un notevole centro commerciale.
Secondo la Genesi (19,30-38) gli Ammoniti (letteralmente "figli di Ammon") discendevano da Ammon (forse lo stesso Amon egiziano), figlio di Lot e fratello di Moab, capostipite dei Moabiti. Dopo aver conquistato i territori in cui si insediarono, si allearono con i Moabiti per combattere insieme contro gli Israeliti, venendo però sconfitti sia da Saul che da Davide. In seguito vennero conquistati - insieme ai territori limitrofi - dalle varie dinastie dominanti babilonesi, assire, poi da Persiani e Romani.
Religione Ammonita
Gli Ammoniti rispettavano una religione politeista che vedeva protagonista il dio Milkom, poco conosciuto dal punto di vista archeologico.Milkom è la principale divinità della religione degli Ammoniti, una delle tribù principali della Palestina. Con ogni probabilità la sua paredra era la dea Astarte. In molti ricollegano la sua figura a quella fenicia di Melqart e quella greca di Eracle.
Il suo culto è particolarmente diffuso, tanto da essere citato anche nell'Antico Testamento, in quanto il re Salomone gli dedicò una cappella votiva sul Monte degli Ulivi, distrutta tempo dopo a causa della riforma di Giosia che vietò culti estranei in Israele.
Forse dedicato a questa divinità, è stato ritrovato un edificio cultuale del XIII secolo a.C., con una pianta a forma quadrata priva di tetto. Negli ambienti, sette per la precisione, sono stati ritrovati un altare con alcuni resti di ossa e molte armi. Benché siano state avanzate ipotesi a proposito di sacrifici umani, si ritiene che il luogo fosse quello ripreso dal Libri di Samuele (21,1-14) a proposito della strage dei figli di Saul da parte degli abitanti di Gibeon.
Filistei
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Mappa della Palestina nell'800 a.C. secondo la BibbiaI filistei (ebraico פְלִשְׁתִּים felištīm, arabo فلسنيون filastiyyūn) furono un antico popolo indoeuropeo del bacino del Mediterraneo che abitò la regione litorale della terra di Canaan, pressappoco fra l'attuale Striscia di Gaza e Tel Aviv (gli archeologi hanno messo in luce a nord di questa città, nel sobborgo di Tell Qasile, le rovine d'una città filistea). Da loro prende il nome la regione della Palestina.
La religione dei filistei
Quando i filistei, fondendosi con la popolazione cananea preesistente, ne adottarono il pantheon, scelsero (come tutti i popoli loro vicini) una divinità in particolare quale loro "dio nazionale": Dagon, il padre di Baal. Questa divinità, denominata Ba' al Zəbûl, Il signore della Soglia (dell'Aldilà), è entrata a far parte della mitologia ebraica, cristiana ed islamica con il nome con cui la definisce la Bibbia, tramite uno sprezzante gioco di parole: Ba' al Zebub, "Il signore delle mosche". Da qui deriva il nome dell'entità diabolica suprema: Belzebù, uno dei "sette prìncipi dell'Inferno", identificato anche dalla tradizione cristiana come un demone.
La Bibbia parla di un tempio dedicato a Dagon ad Ekron (a soli 35 km da Gerusalemme), descrivendolo come un tempio cananeo puntellato da due pilastri centrali. La narrazione biblica descrive infatti l'atto di Sansone che, ottenuta da Yahweh una forza sovrumana, abbatte i due pilastri, provocando il crollo dell'intero tempio. Sansone muore schiacciato assieme ai filistei presenti nel tempio di Dagon. Da qui il celebre detto "Muoia Sansone con tutti i filistei".
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Mappa della Palestina nell'800 a.C. secondo la BibbiaI filistei (ebraico פְלִשְׁתִּים felištīm, arabo فلسنيون filastiyyūn) furono un antico popolo indoeuropeo del bacino del Mediterraneo che abitò la regione litorale della terra di Canaan, pressappoco fra l'attuale Striscia di Gaza e Tel Aviv (gli archeologi hanno messo in luce a nord di questa città, nel sobborgo di Tell Qasile, le rovine d'una città filistea). Da loro prende il nome la regione della Palestina.
La religione dei filistei
Quando i filistei, fondendosi con la popolazione cananea preesistente, ne adottarono il pantheon, scelsero (come tutti i popoli loro vicini) una divinità in particolare quale loro "dio nazionale": Dagon, il padre di Baal. Questa divinità, denominata Ba' al Zəbûl, Il signore della Soglia (dell'Aldilà), è entrata a far parte della mitologia ebraica, cristiana ed islamica con il nome con cui la definisce la Bibbia, tramite uno sprezzante gioco di parole: Ba' al Zebub, "Il signore delle mosche". Da qui deriva il nome dell'entità diabolica suprema: Belzebù, uno dei "sette prìncipi dell'Inferno", identificato anche dalla tradizione cristiana come un demone.
La Bibbia parla di un tempio dedicato a Dagon ad Ekron (a soli 35 km da Gerusalemme), descrivendolo come un tempio cananeo puntellato da due pilastri centrali. La narrazione biblica descrive infatti l'atto di Sansone che, ottenuta da Yahweh una forza sovrumana, abbatte i due pilastri, provocando il crollo dell'intero tempio. Sansone muore schiacciato assieme ai filistei presenti nel tempio di Dagon. Da qui il celebre detto "Muoia Sansone con tutti i filistei".
Aramei
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Mappa della Palestina nell'800 a.C.Gli Aramei sono un popolo nomade semitico menzionato sei volte nella Bibbia ebraica, stanziato in Mesopotamia (Bayn Naharaim, "Tra i due fiumi", o Aram-Naharaim, 'i fiumi degli aramei") e nelle regioni vicine facenti parti dei moderni stati di Turchia, Siria, Iran, Iraq, Giordania e Libano. La maggior parte degli studiosi ritiene che i "due fiumi" in questione siano il Tigri (stando al Libro dei Giubilei) e l'Eufrate. Gli autori della Jewish Encyclopedia [1], tra il 1901 e il 1908, non trovarono il nome Aram nelle iscrizioni babilonesi o assire ma, basandosi sul contenuto di tre tavolette delle Lettere di Amarna, identificarono il Naharaim con il Nahrima.
La religione degli aramei
La religione dei principati aramei assomigliava molto a quelle cananea e babilonese, perché adoravano divinità come El Baal ed Astarte. Infatti gli Aramei ereditarono la cultura dei popoli dell'antica Mesopotamia, compresa la loro mitologia. In seguito furono uno dei primi popoli ad abbracciare il cristianesimo.
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Mappa della Palestina nell'800 a.C.Gli Aramei sono un popolo nomade semitico menzionato sei volte nella Bibbia ebraica, stanziato in Mesopotamia (Bayn Naharaim, "Tra i due fiumi", o Aram-Naharaim, 'i fiumi degli aramei") e nelle regioni vicine facenti parti dei moderni stati di Turchia, Siria, Iran, Iraq, Giordania e Libano. La maggior parte degli studiosi ritiene che i "due fiumi" in questione siano il Tigri (stando al Libro dei Giubilei) e l'Eufrate. Gli autori della Jewish Encyclopedia [1], tra il 1901 e il 1908, non trovarono il nome Aram nelle iscrizioni babilonesi o assire ma, basandosi sul contenuto di tre tavolette delle Lettere di Amarna, identificarono il Naharaim con il Nahrima.
La religione degli aramei
La religione dei principati aramei assomigliava molto a quelle cananea e babilonese, perché adoravano divinità come El Baal ed Astarte. Infatti gli Aramei ereditarono la cultura dei popoli dell'antica Mesopotamia, compresa la loro mitologia. In seguito furono uno dei primi popoli ad abbracciare il cristianesimo.
I popoli del deserto della penisola arabica
Politeismo arabo – I riti e i culti praticati dagli arabi fino al VI secolo provenivano in larga parte dagli antichi regni vicini, come quello dei moabiti, degli edomiti e dei nabatei, soprattutto i connotati astrali e numerose figure mitologiche. La ricchezza di divinità soprattutto femminili presentava similarità con le divinità babilonesi e fenicie. I beduini inoltre, essendo un popolo nomade che facilmente entrava in contatto con altre popolazioni, avevano assimilato anche usi a tradizioni di un popolo che gli era molto affine per origini etniche, lingua e tradizioni, quello ebraico, tanto che nel VI secolo era diffusa una sorta di “monoteismo imperfetto”, una devozione cioè al Dio di Abramo, progenitore comune secondo la Genesi di ebrei e arabi, affiancata al culto di idoli, tra i quali quello degli oggetti bethel era fondamentale: si trattava di pietre di origine celeste come la più famosa Pietra Nera della Mecca, portata secondo la tradizione dall’Arcangelo Gabriele ed anneritasi per i peccati degli uomini. Nel santuario della Kaaba, dov’è tutt’oggi custodita, dovevano confluire periodicamente tutte le tribù beduine.
La religione nelle aree centrali e occidentali arabiche si basava su tre divinità, Manat, al-Uzza e Allat, quest’ultima citata anche da Erodoto, subordinate ad un Dio più importante, Allah. Allah, derivante dalla radice arabo-semitica ʾ-l-h, che indica la generica "divinità ", in arabo "al-ilāh", era di fatto il dio supremo del pantheon politeista arabo, esistente prima dell’islam, così come lo era Giove nel pantheon politeista.
Poi vi era un’infinità di spiriti (jinn) e divinità minori, che venivano rappresentate da rocce, alberi o alture. Predominante era l’enoteismo, nel senso che ogni tribù aveva una divinità protettrice, pur non negando l’esistenza di altre divinità protettrici di altri gruppi umani.
Politeismo arabo – I riti e i culti praticati dagli arabi fino al VI secolo provenivano in larga parte dagli antichi regni vicini, come quello dei moabiti, degli edomiti e dei nabatei, soprattutto i connotati astrali e numerose figure mitologiche. La ricchezza di divinità soprattutto femminili presentava similarità con le divinità babilonesi e fenicie. I beduini inoltre, essendo un popolo nomade che facilmente entrava in contatto con altre popolazioni, avevano assimilato anche usi a tradizioni di un popolo che gli era molto affine per origini etniche, lingua e tradizioni, quello ebraico, tanto che nel VI secolo era diffusa una sorta di “monoteismo imperfetto”, una devozione cioè al Dio di Abramo, progenitore comune secondo la Genesi di ebrei e arabi, affiancata al culto di idoli, tra i quali quello degli oggetti bethel era fondamentale: si trattava di pietre di origine celeste come la più famosa Pietra Nera della Mecca, portata secondo la tradizione dall’Arcangelo Gabriele ed anneritasi per i peccati degli uomini. Nel santuario della Kaaba, dov’è tutt’oggi custodita, dovevano confluire periodicamente tutte le tribù beduine.
La religione nelle aree centrali e occidentali arabiche si basava su tre divinità, Manat, al-Uzza e Allat, quest’ultima citata anche da Erodoto, subordinate ad un Dio più importante, Allah. Allah, derivante dalla radice arabo-semitica ʾ-l-h, che indica la generica "divinità ", in arabo "al-ilāh", era di fatto il dio supremo del pantheon politeista arabo, esistente prima dell’islam, così come lo era Giove nel pantheon politeista.
Poi vi era un’infinità di spiriti (jinn) e divinità minori, che venivano rappresentate da rocce, alberi o alture. Predominante era l’enoteismo, nel senso che ogni tribù aveva una divinità protettrice, pur non negando l’esistenza di altre divinità protettrici di altri gruppi umani.
La religione degli Arabi centro-settentrionali era organizzata dunque senza una casta sacerdotale come al Sud, ma qua e là, in corrispondenza delle varie regioni abitate da clan nomadi o gravitanti attorno ad alcune città (Mecca, in primis, ma anche Yàthrib – la futura Medìna – e Tà’if) sorgevano santuari (hàram: di qui l’harem, uno spazio, appunto, “sacro”, “inviolabile”) sottratti alle normali leggi vigenti (lo stesso dicasi per l’odierno santuario della Ka‘ba), custoditi da sàdin che di norma si tramandavano ereditariamente quest’ambita carica ed attorno ai quali si effettuavano riti di circumambulazione del tutto simili a quelli tuttora in uso nell’Islàm, era inoltre praticata l’astrolatria,
Questa religiosità avrebbe inoltre vissuto uno sviluppo per fasi. Se in un’era più antica gli studiosi rilevano un “polidemonismo”, in una fase successiva parlano di “enoteismo”, ovvero di una gerarchia delle divinità: forse Allàh (signore degli dèi e del fato) e Hùbal (divinità importata: si noti l’assonanza con Ba‘l) non avevano loro templi, ma ne avevano le cosiddette tre “figlie di Allàh” (Allàt, al-‘Uzza, Manàt), viste come divinità intermediarie perché meno “potenti” e perciò meno “temibili”. Una situazione, quella che precede l’Islàm, in cui ciascun gruppo clanico e/o cittadino segue il proprio culto senza che ciò implichi il disconoscimento del “potere” delle altre divinità.
Vale la pena di vedere nel dettaglio le tre “figlie di Allàh”, poiché nella storia dell’Islàm sono investite dell’immagine del vecchio mondo del sacro che lascia spazio al nuovo (riservando alcune insidie: le tre dee sono al centro della questione dei cosiddetti “versetti satanici”). Tutte erano venerate dai Banu Quràysh (in italiano Coreiscìti), il clan dominante di Mecca (è sbagliato dire “La mecca”, poiché in arabo è Makka, senza l’articolo “al”). Allàt, detta la rabba (la “Signora”, che è in pratica un femminile di Allàh), era in buoni rapporti con la fiorente città di Tà’if, situata non lontano da Mecca ma in posizione elevata e climaticamente più favorevole: era garanzia di buoni rapporti con tutti gli Arabi e, associata al sole, veniva simboleggiata da un masso bianco (che poi diventerà la soglia della moschea di Tà’if!). Al-‘Uzza aveva il suo santuario a Nàkhla: sostenuta anche dal clan dei Kinàna, veniva associata a Venere ed era simboleggiata da tre acacie (veniva adorata anche dai Làkhmidi, arabi settentrionali, con capitale sull’Eufrate, alleati dei Persiani Sasanidi). Infine, Manàt, il cui santuario si trovava a Qudàyd, con buoni rapporti con Yàthrib: era la dea del “fato”, della “fortuna” e della “morte”. Ad ogni modo, non è chiaro il rapporto di filiazione delle tre dee rispetto ad Allàh ed, eventualmente, tra di loro (cfr. Cor. LIII, 19-23). Infine, una curiosità: i colori associati ad esse erano il nero, il bianco e il rosso, che poi ritroveremo nella bandiera panaraba.
Vi erano poi altri idoli minori con i quali si aveva un rapporto più intimo (ad es. Wadd, una sorta di “Dio dell’amore”), i quali potevano essere abbandonati se non esaudivano le… suppliche del devoto. Quindi, una religiosità in un certo senso “utilitaristica” e non esclusivista, ma anche “disperante” perché non prevedeva una “vita dopo la morte”.
Veniamo ora a Mecca, il centro religioso dell’intera penisola già prima dell’Islàm grazie – si sostiene in sede storiografica - ad un’abile politica della locale “borghesia commerciale” che aveva saputo coniugare esigenze cultuali ad altre di tipo commerciale: le stagioni del Pellegrinaggio erano occasioni in cui veniva formandosi lentamente una coscienza panaraba che poi l’Islàm verrà a suggellare. A Mecca, come altrove, vi erano molti “amministratori del sacro”: kàhin con funzione oracolare (“indovini-sacerdoti”: corrisponde all’ebraico Cohen, Kahan ecc., che in italiano è reso con “sacerdote”, anche nell’onomastica), i cui responsi erano praticati tramite l’estrazione di frecce o l’esame delle viscere di animale o di una divinità ventriloqua e la cui ispirazione era ritenuta provenire dai jinn (i “geni”, molto svalutati dall’Islàm, che ricordano un po’ le “Muse” di cui bisogna anche aver paura) o da Shaytàn stesso (“satana”); hàkam (“arbitri”) che si esprimevano in una particolare prosa rimata (saj‘) che alcuni, all’inizio dell’Islàm, confusero con la “salmodia” (questo vuol dire Qur’àn, “Corano”) trasmessa da Muhàmmad ai suoi primi “compagni”; vi erano poi gli ‘àrif (i “veggenti”), interpellati per gli oggetti e gli animali smarriti, i quali facevano uso di tecniche induttive (mentre il kàhin ricorreva all’intuizione); gli hanìf (il termine è coranico ed identifica tutti gli “Inviati” latori di un nuovo Messaggio che “non erano né ebrei né cristiani”: l’esempio classico è Ibràhìm, che per l’Islàm non è l’Abramo “nazionale” dell’Ebraismo né quello dei “giudeo-cristiani” oggi in crescita), invece, erano in un certo senso degli ‘irregolari’, anime inquiete alla ricerca di un Dio unico, come s’è detto precedentemente. Infine, erano ampiamente diffuse le pratiche del màysir (condannata dal Corano - assieme al vino e agli idoli - in quanto “gioco d’azzardo”: V, 90-91) e del wa’d al-banàt, l’orrenda abitudine di seppellire impunemente vive le neonate.
Questa religiosità avrebbe inoltre vissuto uno sviluppo per fasi. Se in un’era più antica gli studiosi rilevano un “polidemonismo”, in una fase successiva parlano di “enoteismo”, ovvero di una gerarchia delle divinità: forse Allàh (signore degli dèi e del fato) e Hùbal (divinità importata: si noti l’assonanza con Ba‘l) non avevano loro templi, ma ne avevano le cosiddette tre “figlie di Allàh” (Allàt, al-‘Uzza, Manàt), viste come divinità intermediarie perché meno “potenti” e perciò meno “temibili”. Una situazione, quella che precede l’Islàm, in cui ciascun gruppo clanico e/o cittadino segue il proprio culto senza che ciò implichi il disconoscimento del “potere” delle altre divinità.
Vale la pena di vedere nel dettaglio le tre “figlie di Allàh”, poiché nella storia dell’Islàm sono investite dell’immagine del vecchio mondo del sacro che lascia spazio al nuovo (riservando alcune insidie: le tre dee sono al centro della questione dei cosiddetti “versetti satanici”). Tutte erano venerate dai Banu Quràysh (in italiano Coreiscìti), il clan dominante di Mecca (è sbagliato dire “La mecca”, poiché in arabo è Makka, senza l’articolo “al”). Allàt, detta la rabba (la “Signora”, che è in pratica un femminile di Allàh), era in buoni rapporti con la fiorente città di Tà’if, situata non lontano da Mecca ma in posizione elevata e climaticamente più favorevole: era garanzia di buoni rapporti con tutti gli Arabi e, associata al sole, veniva simboleggiata da un masso bianco (che poi diventerà la soglia della moschea di Tà’if!). Al-‘Uzza aveva il suo santuario a Nàkhla: sostenuta anche dal clan dei Kinàna, veniva associata a Venere ed era simboleggiata da tre acacie (veniva adorata anche dai Làkhmidi, arabi settentrionali, con capitale sull’Eufrate, alleati dei Persiani Sasanidi). Infine, Manàt, il cui santuario si trovava a Qudàyd, con buoni rapporti con Yàthrib: era la dea del “fato”, della “fortuna” e della “morte”. Ad ogni modo, non è chiaro il rapporto di filiazione delle tre dee rispetto ad Allàh ed, eventualmente, tra di loro (cfr. Cor. LIII, 19-23). Infine, una curiosità: i colori associati ad esse erano il nero, il bianco e il rosso, che poi ritroveremo nella bandiera panaraba.
Vi erano poi altri idoli minori con i quali si aveva un rapporto più intimo (ad es. Wadd, una sorta di “Dio dell’amore”), i quali potevano essere abbandonati se non esaudivano le… suppliche del devoto. Quindi, una religiosità in un certo senso “utilitaristica” e non esclusivista, ma anche “disperante” perché non prevedeva una “vita dopo la morte”.
Veniamo ora a Mecca, il centro religioso dell’intera penisola già prima dell’Islàm grazie – si sostiene in sede storiografica - ad un’abile politica della locale “borghesia commerciale” che aveva saputo coniugare esigenze cultuali ad altre di tipo commerciale: le stagioni del Pellegrinaggio erano occasioni in cui veniva formandosi lentamente una coscienza panaraba che poi l’Islàm verrà a suggellare. A Mecca, come altrove, vi erano molti “amministratori del sacro”: kàhin con funzione oracolare (“indovini-sacerdoti”: corrisponde all’ebraico Cohen, Kahan ecc., che in italiano è reso con “sacerdote”, anche nell’onomastica), i cui responsi erano praticati tramite l’estrazione di frecce o l’esame delle viscere di animale o di una divinità ventriloqua e la cui ispirazione era ritenuta provenire dai jinn (i “geni”, molto svalutati dall’Islàm, che ricordano un po’ le “Muse” di cui bisogna anche aver paura) o da Shaytàn stesso (“satana”); hàkam (“arbitri”) che si esprimevano in una particolare prosa rimata (saj‘) che alcuni, all’inizio dell’Islàm, confusero con la “salmodia” (questo vuol dire Qur’àn, “Corano”) trasmessa da Muhàmmad ai suoi primi “compagni”; vi erano poi gli ‘àrif (i “veggenti”), interpellati per gli oggetti e gli animali smarriti, i quali facevano uso di tecniche induttive (mentre il kàhin ricorreva all’intuizione); gli hanìf (il termine è coranico ed identifica tutti gli “Inviati” latori di un nuovo Messaggio che “non erano né ebrei né cristiani”: l’esempio classico è Ibràhìm, che per l’Islàm non è l’Abramo “nazionale” dell’Ebraismo né quello dei “giudeo-cristiani” oggi in crescita), invece, erano in un certo senso degli ‘irregolari’, anime inquiete alla ricerca di un Dio unico, come s’è detto precedentemente. Infine, erano ampiamente diffuse le pratiche del màysir (condannata dal Corano - assieme al vino e agli idoli - in quanto “gioco d’azzardo”: V, 90-91) e del wa’d al-banàt, l’orrenda abitudine di seppellire impunemente vive le neonate.
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Come possiamo considerare tutto questo che è stato esposto?
Tutto questo come va insieme con il concetto di ispirazione del testo sacro?
“Riguardo a questo ci viene in aiuto la Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, la quale al § 12 insegna che nella Sacra Scrittura Dio ‘ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana’ e, per ben comprendere, è necessario tenere conto che l’agiografo ha scritto ‘in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso… Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani’”.
Tutto questo come va insieme con il concetto di ispirazione del testo sacro?
“Riguardo a questo ci viene in aiuto la Costituzione Dogmatica sulla Divina Rivelazione Dei Verbum, la quale al § 12 insegna che nella Sacra Scrittura Dio ‘ha parlato per mezzo di uomini alla maniera umana’ e, per ben comprendere, è necessario tenere conto che l’agiografo ha scritto ‘in determinate circostanze, secondo la condizione del suo tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso… Per comprendere infatti in maniera esatta ciò che l’autore sacro volle asserire nello scrivere, si deve far debita attenzione sia agli abituali e originali modi di sentire, di esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che nei vari luoghi erano allora in uso nei rapporti umani’”.